Scoppia la guerra del vino: il Montepulciano d’Abruzzo braccato... dal decreto Etichettatura

L'Abruzzo difende il suo Montepulciano...

L’approvazione del decreto ministeriale denominato "Etichettatura" consente, al momento, di riportare, sull'etichetta, nelle descrizioni dei prodotti, i nomi dei vitigni che compongono i blend nei vini a Denominazione, come previsto dai disciplinari. In Italia molte Denominazioni sono indicate e caratterizzate, in maniera esclusiva, dal loro riferimento geografico, come Chianti, Valpolicella, Barolo, Franciacorta, Alto Adige, Soave, Frascati, Costa d’Amalfi, Sicilia e così via, tanto per citarne alcuni. Altre hanno il nome del vitigno come parte costituente, come Primitivo di Manduria, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Cannonau di Sardegna, Sagrantino di Montefalco e, soprattutto, Montepulciano d’Abruzzo.

Il problema è che i vitigni "Montepulciano" non sono presenti solo in Abruzzo ma sono coltivati anche nelle Marche, in Molise e in Puglia. Solo in Abruzzo però il vino prodotto da questo particolare vitigno può essere definito "Montepulciano d’Abruzzo" Doc. "Il decreto ministeriale rischia di eliminare questa realtà, consolidata da anni di sacrifici, da parte di contadini e produttori", questa è la contestazione. Di cui si è fatto portavoce il presidente del Consorzio Tutela vini regionale, Alessandro Nicodemi. 

La presenza del vitigno Montepulciano in terra d’Abruzzo, ricorda il Consorzio, risale ai secoli scorsi: qui, grazie al particolare microclima della regione, ha trovato le migliori condizioni per vegetare e produrre vini di valore. “Montepulciano d’Abruzzo”, nata nel 1968 come denominazione-vitigno e come tale riconosciuta e tutelata in deroga, negli anni è diventata un colosso della enologia  e come tale deve continuare ad essere protetta.

Per gli altri vini derivanti dallo stesso vitigno si è utilizzato il sinonimo di "Cordisco" fino al 1988, poi misteriosamente scomparso con la trasformazione dei documenti da cartacei ad informatici, come conferma lo stesso Nicodemi: "Il sinonimo per la denominazione dei vini viene citato anche nell’articolo 44 del 2016 dove il legislatore dell’epoca indica i termini "vitigno o sinonimo. Allora perché negare che esistano i sinonimi e non solo i vitigni di una data appartenenza territoriale? Riportiamo in uso il termine "Cordisco" per le altre realtà".

No, dunque, alla liberalizzazione indiscriminata dell'uso dei vitigni in etichetta. Levata di scudi dall'Abruzzo, anche con Cia, Confagricoltura, Confcooperative, LegaCoop, Coldiretti, Copagri, Daq Vino e Assoenologi. "Ho solo chiesto – confessa Nicodemi ad Abruzzolive.tv – pari dignità. Ogni vino è patrimonio del territorio a cui appartiene. Non ci sembra giusto che le denominazioni che vengono già applicate da anni per i vitigni che appartengono ad un determinato territorio, come il Nero d’Avola per la Sicilia, il Cannonau per la Sardegna o il Brunello per la Toscana, non possano più essere applicate per tutti i vitigni compreso il Montepulciano per l’Abruzzo. Il mio intento non è quello di difendere solo il nostro Montepulciano ma di difendere tutti i vini che hanno un territorio di appartenenza a livello etnologico e a questo proposito esporremo il caso agli organi di competenza per fare ricorso. Siamo già in lotta con le contraffazioni presenti nel mondo – rimarca –, non facciamoci la guerra a casa nostra e tra di noi". E sì "alla salvaguardia di una delle più grandi denominazioni di vino rosso fermo italiano, che ormai supera i 100-120 milioni di bottiglie prodotte e vendute in tutto il mondo".

Obiettivo principale del vice presidente della Regione, con delega all’Agricoltura, Emanuele Imprudente, alla conferenza Stato-Regioni sarà proprio quello di mantenere il nome "Montepulciano" esclusivamente per i vini provenienti dalle Doc dell'Abruzzo mentre per le denominazioni di altre regioni, verrà fatta richiesta, al ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, per il reinserimento del termine "Cordisco" ad indicare il vitigno “Montepulciano” nel Registro nazionale Varietà delle Viti.

Afferma Imprudente: "Difendere la denominazione del vitigno significa tutelarne le specificità  in termini di biodiversità e peculiarità delle colture. Si tratta di un patrimonio unico che non siamo disposti a dissipare dopo decenni di impegni, sacrifici e dedizione da parte delle aziende che nel vitigno a bacca nera hanno creduto e investito, generazione dopo generazione.  E' bene sottolineare – continua l'assessore – che il settore vitivinicolo rappresenta il comparto agroalimentare di maggiore importanza per la nostra regione, interessando oltre 15 mila aziende ed una superficie superiore ai 32 mila ettari, esclusivamente in coltura specializzata. La produzione di vino, mediamente si attesta sui 3,2-3,4 milioni di ettolitri/anno, ponendo l’Abruzzo tra le prime cinque regioni per importanza a livello nazionale. Saremo, dunque, al fianco del mondo produttivo – conclude Imprudente – per portare avanti con convinzione questa battaglia".

Per il "Montepulciano d’Abruzzo" sono anche Simona Cardinali e Federica Rompicapo, consiglieri regionali teramani della Lega. "Liberalizzare l’utilizzo di una precisa peculiarità di una cultura tutta abruzzese, senza alcuna eccezione anche da altri produttori non autoctoni, - dichiarano - arrecherebbe un grave danno al tessuto economico, turistico e della biodiversità del nostro territorio".

D'altro canto di un vino particolarmente pregiato e corposo, riconducibile al Montepulciano d’Abruzzo e presente nel territorio a ridosso dell’area Piceno – Aprutina (da Aprutium, diventato poi Abruzzo), ossia l'area corrispondente all’attuale provincia di Teramo, abbiamo testimonianze già nel III secolo a.C. . Lo storico greco Polibio nelle sue "Storie" ci parla di come Annibale Barca, famoso generale Cartaginese, dopo la vittoria di Canne contro i Romani nel 216 a.C. sia passato nella zona Aprutina e abbia utilizzato il vino locale per rinvigorire gli uomini e curare i propri cavalli dalla scabbia. Altra importante testimonianza ci è data dal poeta latino Ovidio che ne “Le Metamorfosi”, poema risalente ai primi anni del I secolo d.C., fa riferimento alla fertilità dei territori aprutini dovuti alla presenza di una pregiatissima uva dalla quale si ricavava un vino così buono da doverlo necessariamente destinare alle classi elitarie di Roma. Forse lo storico e il poeta sarebbero d’accordo con il presidente Nicodemi e con i produttori abruzzesi nel ricordare che è ancora importante "dare a Cesare ciò che è di Cesare".  11 set. 2023

MARIANO PELLICCIARO

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