Terremoto. L'Aquila a 14 anni dal disastro. 'I giorni più lunghi, tra voglia di rigenerazione in una città sospesa'

"Città sospesa…", così la definiscono molti dei suoi abitanti. Tra piazze e strade ridisegnate, tra impalcature e tiranti che chiudono facciate di palazzi e lo sguardo proiettato al futuro. Sono quattordici.

Tanti sono gli anni trascorsi da quel 6 aprile 2009. Alle 3.32 la scossa più forte, seguita a centinaia che per mesi avevano fatto sussultare il territorio, annientò il capoluogo d’Abruzzo. Rase al suolo anche altri centri. Fece complessivamente 309 vittime.

"L’Aquila non ha ceduto a dolore e distruzione, ma ha creduto nello stupore della rinascita", dice il sindaco Pierluigi Biondi - . Ha scelto di non indugiare, trasformando la sofferenza in opportunità e scovando, tra le macerie, quella bellezza prima forse non apprezzata".
In questi giorni le celebrazioni in ricordo dei morti e di quei giorni di lutto, con un abbraccio alle popolazioni del catastrofico terremoto che ha devastato Siria e Turchia.

In città, per l’occasione, sono arrivati diversi ministri e anche il premier Giorgia Meloni, che spiega: "Era doveroso esserci, è una terra alla quale sono molto legata, anche politicamente, visto che sono una parlamentare di questo collegio. Negli anni abbiamo fatto un grande lavoro per garantire quello che mancava e quello che si poteva fare di più per la ricostruzione". Il presidente del Consiglio ha partecipato, ieri, alla messa celebrata nella chiesa di Santa Maria del Suffragio. Qui durante l’omelia ecco la tirata d’orecchi del cardinale Giuseppe Petrocchi sulla ricostruzione: "Va dato atto che molto è stato realizzato, con generosità e competenza, ma va pure rilevato che si sono sommati disguidi e ritardi, causati da alcuni "strabismi normativi" e "scompensi burocratici". Gli approcci omissivi o inadeguati vanno, con onestà, riconosciuti per essere "riparati" e segnalati. Deve essere evidenziato tuttavia che importanti miglioramenti, strutturali e procedurali, sono già stati varati, con progressi incisivi e promettenti".

Ma - è il monito - la ricostruzione non è solo opera ingegneristica e amministrativa, ma anche etica, culturale e sociale. Non basta rifare le strutture architettoniche e murarie, ma si deve pure riedificare la comunità. Per restaurare bene le pareti delle abitazioni e le pubbliche pertinenze, occorre prima ricostruire le case nel cuore della gente: con i mattoni della fiducia e il cemento della concordia. In questo orizzonte, ancora una volta rivolgo una accorata esortazione perché venga velocizzato il recupero delle chiese: luoghi di culto, ma anche centri identitari e aggregativi".

"Forte dei successi che ha guadagnato nella secolare “guerra al sisma”, L’Aquila  - afferma Petrocchi - ha da subito mobilitato il “senso di appartenenza” della sua gente. Si resta impressionati nel constatare che nell’arco di ottocento anni si sono succeduti più di sette terremoti, di cui quattro terribili. Viene da chiedersi: perché gli abitanti, con straordinario coraggio, sono rimasti sul posto ed ogni volta hanno riedificato le loro abitazioni dove erano? Mi viene spontanea la risposta: perché gli Aquilani sono Aquilani; cioè, gente tenace e motivata che, grazie alla radicata fede cristiana e a solidi valori umani, collaudati anche dalle asprezze dell’ambiente montano, ha maturato una robusta “resilienza”, affrontando e vincendo gli attacchi minacciosi del terremoto, senza mai indietreggiare. Sulle incursioni distruttive delle calamità hanno prevalso l’attaccamento al territorio, la fedeltà alle tradizioni e la volontà di ripartire, con la irremovibile convinzione di potercela fare".

Secondo l'ex sindaco, Massimo Cialente, "a fronte della tragedia che abbiamo avuto, ma anche di quelle precedenti e delle successive, sarebbe necessaria la prevenzione. Invece di vedere sisma ed ecobonus solo come un fatto economico, bisognerebbe che il Governo li vedesse come un'esigenza morale: abolire i morti e ridurre i danni visto che, da oltre 100 anni, se ne vanno 3 miliardi di euro all'anno per riparare i danni dei terremoti. Trovo allucinante - dichiara - che si facciano i bonus facciata senza conoscere la situazione degli edifici: a L'Aquila, prima del disastro, qualcuno aveva rifatto le facciate, ma poi le case sono venute giù".

Anche il commissario per la Ricostruzione, Guido Castelli, sottolineando che “quella abruzzese è una terra duramente colpita dai terremoti del 2009 e del 2016”, evidenzia che è necessario “investire nella sicurezza antisismica, al fine di rendere borghi e città luoghi sicuri, mettendo in campo gli interventi necessari”. E in quest’”Appennino centrale che è, notoriamente, particolarmente fragile, dobbiamo lavorare ad una ricostruzione che preveda contributi per il consolidamento oltre che per la riparazione". 

"Ho scelto di venire qui a studiare per ragioni economiche, fare l'università a L'Aquila è decisamente più economico rispetto a Roma o a Napoli. E ho fatto la scelta giusta: è stata una scoperta, una citta piena di cantieri e palazzi lesionati, un centro storico riconquistato pian piano, rispetto al 2015 quando arrivai, una raltà in trasformazione e in metamorfosi. Resterò a vivere qui", afferma Matteo, 26 anni di Cassino (Frosinone). "Certo - aggiunge - i problemi ci sono: il primo è la scarsa attenzione, che ho riscontrato negli anni, in termini di servizi agli studenti. Solo dopo una lunga battaglia sono state messe un paio di corse serali, molti di noi vivono in periferia, e senza macchina è dura. Resterò per frequentare un corso di specializzazione per anestesista. Qui ho trovato l'amore, e mi sento a casa".

Martina Fusari, 24 anni, di Tornimparte (Aq), Filippo Quadrini, 21 anni di Arpino, in provincia di Frosinone, e Danila Paolini, 21 anni di Controguerra, in provincia di Teramo, hanno vissuto il sisma da bambini. "Ero piccola quando c'è stato il terremoto, avevo appena 9 anni - spiega Martina -. Il ricordo più vivo e la vita nella tendopoli, i tanti giochi con gli altri bambini, e un senso di libertà. Non ho vissuto il disagio e il dolore di tanti. Certo, poi, da adolescente, ha pesato molto avere una città in buona parte chiusa e vuota. Il mio punto di ritrovo con gli amici è stato il centro commerciale". Filippo frequenta la facoltà di Biotecnologie. "Roma - afferma - che è la città universitaria più vicina al mio luogo di residenza, ha prezzi oramai inaccessibili, io comunque vivo alla residenza universitaria Campomizzi". Rivela poi che il fatto che questo territorio sia altamente sismico, non è stato per lui e la sua famiglia un deterrente: "Buona parte dell'Italia è a rischio, ma qui il terremoto ci è già stato, e le abitazioni le hanno ricostruite sicure e consolidate a dovere. La lezione è stata appresa, non ho motivo di dubitarne". Danila, studentessa di medicina, arriva invece da Controguerra: "Ho scelto L'Aquila per la relativa vicinanza da casa, e per la qualità dell'università. Non ho ovviamente vissuto il terremoto, ma i miei amici più grandi mi dicono che la città è cambiata, e non in meglio, rimpiangono quella che c'era prima, anche l'università aveva molti più iscritti, la comunità studentesca era più viva. La ferita è rimasta, non si è mai rimarginata". 

"Da allora questi sono i giorni più lunghi. La fiaccolata da poche ore terminata è stata insieme dolore, nostalgia, rabbia e speranza, voglia di nuova luce, di rigenerazione collettiva, di giustizia", dichiara l'ex senatrice ed ex deputata Stefania Pezzopane, attuale consigliera comunale a L'Aquila e componente della Direzione nazionale del Partito Democratico. 
"Si certo - riflette- : è passato il tempo, tante cose sono cambiate, abbiamo faticosamente in parte ricostruito. Ma il dolore sta lì, profondo. Sta lì quel senso di impotenza, quello stupore convulso e struggente, sta lì il pianto, stanno lì quei 309 nomi che nel lungo incedere, uno dopo l’altro, fanno girare la testa. Senti quei nomi e rivedi quei volti che conoscevi ed amavi. Abbiamo, in questi 14 anni, imparato a conoscere quelle storie, la casualità dei fatti, l’assurdità di quelle circostanze, così costruiamo e raccontiamo, da 14 anni, tante storie nella storia. Ma perché perché tanta sofferenza, perché a noi? Perché ci avete rassicurati, invece di dirci la verità ? Perché tanta ferocia?
Forse perché dobbiamo mandare un messaggio al mondo, un messaggio di giustizia, ricostruzione e di prevenzione.
Ricordo la fuga da casa, la ricerca di mia madre e di ogni persona cara, la telefonata convulsa con il sindaco “Massimo Cialente, che facciamo?” La corsa alla Prefettura distrutta e poi alla Reiss Romoli e poi alla Scuola della Guardia di Finanza. E poi l’arrivo centellinato dei nomi di chi era morto sotto le macerie. Troppo dolore, tutto insieme, senza un perché.
Non sarà il tempo a lenire le ferite. Né l’indifferenza o la spettacolarizzazione della tragedia. Piuttosto leniremo ferite, se accadranno fatti".

"La giustizia - afferma Pezzopane - deve ancora far sentire bene la sua voce, famiglie e città attendono. La prevenzione è la vera sfida, mettendo davvero in sicurezza il Paese. Il Codice della ricostruzione è urgente, per misurare se abbiamo la forza di darci strumenti seri perché se dovesse malauguratamente succedere un terremoto ancora, non si andrà a caso, non ci saranno altre cavie come noi, ma ci saranno norme e risorse definite per ridare una casa ed una nuova vita. Basta accanirsi, le vittime non sono colpevoli e i terremotati non sono evasori.
Il 6 aprile noi continuiamo ad essere sospesi tra lutto e speranza, tra nero e verde, tra morte e vita, tra buio e chiarore.
Con le fiammelle sempre accese di luce e di fiducia, fino al prossimo 6 aprile". 06 aprile 2023

SERENA GIANNICO

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