Tutela animali selvatici. Nulla è stato fatto su statale 17 dopo morte Juan Carrito

Prendere esempio da altri Paesi e fare in modo che anche in Abruzzo si realizzino condizioni di maggiore sicurezza per gli animali e per gli automobilisti. E’ quanto chiede il consigliere della Stazione Ornitologica Abruzzese, Augusto De Sanctis, che in proposito ha inviato una al ministero dell'Ambiente, alla Prefettura di L'Aquila e altri enti, dopo un sopralluogo lungo i 36 chilometri sulla strada statale 17, che collega Pettorano sul Gizio con Castel di Sangro (Aq).

Un tratto di strada tristemente noto, lungo il quale negli anni molti animali selvatici sono stati investiti, e tra loro anche una celebrità come l’orso Juan Carrito. Una tragedia che, come riferisce De Sanctis, si sarebbe potuta evitare se al posto delle poche reti installate lungo la statale ci fossero stati dei passaggi riservati alla fauna, i cosiddetti ecodotti. Una soluzione che garantirebbe sicurezza anche agli automobilisti

“Lungo la statale – riferisce il consigliere della Soa -,  sono stati effettuati solo due interventi con posizionamento di reti di esclusione a bordo strada. Il primo, realizzato un anno fa a Castel di Sangro dal Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise pur essendo fuori dal territorio di sua competenza e anche grazie a fondi di associazioni, che hanno aiutato l’ente. Una rete alta appena due metri, senza alcuna porzione inclinata per evitare che gli animali si arrampichino e con bordo inferiore retto da un filo di ferro che con ogni evidenza non può reggere la spinta di animali come i cinghiali. Ancor più bassa è la rete del secondo intervento, più recente, a Pettorano sul Gizio: un metro e 85 centimetri. Anche qui senza base interrata. Gli animali, con il tempo, possono creare buchi direttamente nella rete o scavando – scrive De Sanctis – sotto di essa dove poi possono passare anche gli orsi. Quando si protegge una strada bisogna ovviamente tener conto non solo dell’orso ma anche delle altre specie potenzialmente problematiche, come cinghiali, lupi e cervi presenti lungo la statale 17 e oggetto di numerosi incidenti".

"Vi sono studi con comparazione dell’efficacia tra reti a varie altezze (1,50 metri; 1,80 metri, 2,00 metri; 2,40 metri): solo da 2,40 metri in su i cervi di solito non riescono a saltare. Una rete troppo bassa - viene rimarcato - che permette l’ingresso di animali sul sedime stradale potrebbe pure peggiorare il livello di rischio di un tratto di strada perché una volta entrato e incontrando la rete sul bordo opposto l’animale potrebbe vagare per più tempo sulla strada per cercare un posto più comodo per uscire. In sintesi, i due tratti di rete realizzati sulla SS.17 non appaiono rispettare le caratteristiche costruttive ritenute necessarie a livello internazionale per mettere in sicurezza un tratto di strada – prosegue De Sanctis -. Lungo la statale 17 ci sono poi alcuni costosi dissuasori con allarme con sensori di presenza che, oltre a coprire altre – pochissime – centinaia di metri non devono aver convinto gli stessi enti che li hanno installati visto che a Castel di Sangro le reti sono state messe proprio dove vi era uno di questi congegni che quindi verrà spostato. Solo i cartelli monitori sono molto frequenti; peccato che tutti gli esperti del settore li ritengano di scarsa o nulla efficacia, se non per poter dire di aver fatto qualcosa in caso di incidente".

“Magari davanti alla retorica si può provare fastidio quando qualcuno prova a riportare alla realtà dei fatti – conclude il consigliere di Soa -. Sono stato recentemente in vacanza in Francia: nel solo tratto di autostrada da Marsiglia a Aix en Provence ho contato ben tre enormi ecodotti da milioni di euro (che sarebbero utilissimi alle Cinquemiglia, per rimanere sulla statale 17). Altri ne ho visti su diverse arterie francesi, come a Narbona. Il confronto quindi è impietoso; auspico che alcuni enti scelgano il silenzio, permettendo ai loro amministratori di dimostrare con i fatti e non con le vuote parole la dedizione al loro ufficio e magari anche l’amore per l’orso". 

FILIPPO MARFISI

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