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Le streghe possono entrare in casa attraverso qualsiasi spiraglio, perché riescono a dematerializzarsi. Ma prima di farlo osservano le famiglie dall’esterno, per individuare l’anello debole da attaccare.

Tra loro esiste una gerarchia. La più terribile è la pantàfica che ti ruba il respiro mentre dormi. Ma non temete, esistono dei rimedi per tenerla lontana.
Se invece siete fortunati come la sottoscritta, il cui bisnonno uccidendo una strega tramutata in gatto, ha conquistato per sette generazioni, l’immunità da magia nera, allora potete sempre dormire sonni sereni.
Come l’ho scoperto?

Mia nonna e mia mamma ogni tanto ricevevano la visita della pantàfica, e quando temevano che, per linea femminile, anche io fossi destinata a sentirmi mancare il respiro nella notte, mio padre le rassicurò, svelando che in quanto discendente di Peppe Garibaldi, rientravo ancora nelle sette generazioni protette. In effetti, e per fortuna, quest’angusta visita non l’ho mai dovuta ricevere.

Nelle sale 'Pantafa'
E' recentemente uscito al cinema il folk thriller horror 'Pantafa', di Fandango, diretto da Emanuele Santi. La pellicola è liberamente ispirata a questo personaggio del folklore abruzzese di cui si trova traccia nei testi dei demologi Gennaro Finamore ed Emiliano Giancristofaro, che dalla parlata viva degli anziani hanno ricostruito leggende e dicerie su fate, mazzamarelle, pantafiche, streghe e stregoni.

La trama s’incentra sulle inquietanti disavventure di Marta, mamma single e ribelle interpretata da Kasia Smutniak, e di sua figlia Nina, parte affidata all’esordiente Greta Santi. La bambina soffre di paralisi ipnagogiche e Marta, per dar sollievo alla sua piccola, decide di trasferirsi per un periodo in un piccolo borgo d'Abruzzo, Malanotte.

E' convinta che la ragazzina possa trarre giovamento da un ambiente tranquillo e paesano. Ma si sbaglia. La prima notte trascorsa nella nuova casa è terribile: la bimba ha attacchi molto più frequenti del solito, e le due donne trovano ad accogliere dei compaesani ostili.
Gli abitanti del centro montano, tutti intenti ad allestire i preparativi per la festa della Pantafa, che serve a esorcizzare la notte, le accolgono con sospetto. D’altronde lo straniero, il diverso infondono sempre paura.
Mamma e figlia ben presto si accorgono che a Malanotte, non ci sono bambini. Perché? Scoprono che c’entra la strega…

La streghe nella tradizione abruzzese
Gennaro Finamore, che di professione era medico, amava intrattenersi nelle case contadine ad ascoltare i racconti dei parenti degli ammalati. Così nella sua opera di fine Ottocento "Streghe e stregherie" ha raccolto le principali superstizioni del suo tempo, affinché non andassero perdute.
Solitamente gli anziani di famiglia narravano le vicende di streghe e stregoni accanto al focolare, precisando che le fattucchiere sono solite origliare, per poi vendicarsi di quanti sparlano sul loro conto, ma se si usa l’accorgimento di incrociate le gambe, agli spiriti maligni non è dato ascoltare nulla.

L’infanzia dei bambini abruzzesi prima dell’arrivo dei televisori in casa era costellata di storie di streghe e di stregoni, di creature nate la notte di Natale e destinate a trasformarsi in lupi mannari, di morsi di fattucchiere ritrovati, al risveglio, sul proprio corpo, di bambini rapiti e passati sulle fiamme, di corse a perdifiato, nelle notti senza stelle.

Le fattucchiere, che si possono celare sotto le spoglie di persone insospettabili, quali vicine di casa o amiche di famiglia, per intrufolarsi in casa e compiere infausti sortilegi, si trasformano in gatti, civette o topi.
Quando si abitava in case fatiscenti, a volte anche senza i vetri alle finestre, era molto facile per le streghe intrufolarsi in casa.

Finamore spiega come gli anziani che aveva conosciuto, raccomandssero ai giovani che se si fosse avvertita in casa la presenza, nel cuore della notte, di un animale sospetto e, se nei giorni precedenti, un’improvvisa malattia avesse colpito un familiare, era necessario conficcare un coltello in un vaso ricolmo di terra. Il gatto, se era davvero una strega, sarebbe rimasto paralizzato e il capofamiglia doveva tagliargli una zampa.
Gli antichi sostenevano che, nonostante le percosse, il gatto-strega, non avrebbe mai potuto spirare in una casa che non fosse la sua.
Il giorno seguente alcuni uomini della famiglia avrebbero dovuto fare, con una scusa, il giro dei parenti, degli amici più stretti e dei compari. Se avessero trovato fra loro una persona che stava male e non riusciva ad alzarsi dal letto, avrebbero individuato la strega del giorno prima.

Come evitare di ritrovarsi le pantafe in casa
Secondo Finamore esistono due modi per evitare che le streghe entrino nelle abitazioni: porre dietro l’uscio domestico una scopa di saggina o un ferro di cavallo o asino, entrambi usati. Prima di entrare la megera dovrà contare tutti i granelli di polvere che la ramazza ha spazzato e dovrà ripercorrere tutta la strada che l’animale cui apparteneva il ferro ha compiuto.
E si sa che le streghe non sono portate né per l’aritmetica né per l’orientamento.
Ogni volta che sbagliano devono iniziare daccapo, e se si supera la mezzanotte è fatta.
Per chi invece ha dei balconi, deve spargerci del sale grosso. Vale lo stesso principio che la megera prima di poter entrare deve contare i granelli di sale e ricominciare se sbaglia. Ma questa variante è un pò pericolosa perché bisogna sperare che nella notte non piova e che il sale non si sciolga.
Invece mettere un rosario dietro la porta non evita che la strega entri, ma avvisa iniziando a muoversi senza che nessuno lo tocchi, che lì intorno, vicino alla casa, c’è una persona che vuole il male di quella famiglia.

La strega più furba...
E la pantàfica? Lei è più scaltra tra le streghe, perché quasi sicuramente riesce ad intrufolarsi a casa nella notte.
Si siede sul petto delle sue prede, che sono le stesse per anni, e inizia ad assorbire tutta la loro energia, attraverso il suo muso che assomiglia ad un becco. Le vittime raccontano che il giorno dopo non hanno le forze, e trovano degli ematomi a forma di morso sulle braccia o sulle gambe. Finamore racconta che poi dicono: "Mi è venuta a trovare la pantàfica stanotte".
Quanti hanno provato questa esperienza hanno riferito di sentirsi svegli con la testa, ma totalmente paralizzati. Allora hanno tentato di fare quello che le nonne hanno insegnato loro: gridare. Si sono dimenati, hanno provato, e alla fine ci sono riusciti: hanno emesso un lamento. Così la pantàfica, udendo quel suono è stata costretta a scappare, perché la vittima si è ribellata. Ma sarebbe tornata.
Per evitare che la strega tolga ancora il respiro, prima di andare a dormire, bisogna farsi per tre volte il segno della croce. Così è come se un’aurea di luce protegga in modo invisibile il corpo di chi ha praticato lo scongiuro, e la pantàfica, rassegnata cercherà un’altra preda, per quella notte.

Un’ultima soluzione è mettere ai piedi del letto una damigiana di vino rosso. La pantàfica, che l’adora, si scolerà la bevanda e sazia, lascerà in pace la preda.
La spiegazione scientifica a questa sensazione di soffocamento nel sonno è l’apnea notturna, una vera e propria patologia.

Le tradizioni abruzzesi nella pellicola di Scarinci
Nella pellicola di Scarinci, che ha origini abruzzesi essendo il padre di Altavilla, frazione di Montorio al Vomano, nel Teramano, i riferimenti alla nostra regione sono molti, a partire dal paese immaginario, Malanotte, che richiama quello antico di Montebello sul Sangro (Chieti), che era prima appunto Malanotte per poi cambiare in Buonanotte e infine nell'attuale denominazione.
L’Abruzzo è presente a tavola con arrosticini, parrozzo, zafferano, centerba, genziana. Ma anche nei gioielli indossati dai personaggi, nelle musiche tradizionali, e nel ballo della pupa.
Un film da andare a vedere? Certamente, anche solo per sapere che fine hanno fatto quei bambini spariti da Malanotte.
Un suggerimento potrebbe darcelo Finamore che nel suo libro dice che i pargoli rapiti dalle streghe, vanno cercati vicino ai corsi d’acqua, celati da fuochi fatui, dove sono passati nudi col sederino sulle fiamme.

E chi nasce la notte di Natale?
Prima di andare al cinema vi rivelo un’ultima diceria: i maschietti che nascono la vigilia di Natale, una volta adulti, si trasformeranno alla prima luna piena, in lupi mannari. Le femminucce, nate nella stessa notte, sono destinate, dopo i diciotto anni a trasformarsi in streghe, e a volare durante i Sabba alla noce di Benevento.
Ma il destino si può combattere. Sapete come?
Prima di tutto la notte della Vigilia, il padre e i nonni del nascituro si devono vestire di stracci, iniziando a girare per tutto il centro abitato del paese di residenza.
Devono fermarsi fuori dalla chiesa e attendere con cura che i fedeli escano dalla messa di mezzanotte. Devono difatti dimostrare di essere dei poveracci, anche se non è vero. In modo da far intendere che andare in casa loro non era piacevole.
Gli esseri maligni non ci troverebbero nulla di cui godere.
Messa in scena la pantomima, tornano a casa e devono compiere il da farsi. Imprimono con uno spuntone infuocato ai carboni ardenti, un segno della croce sul tallone del neonato. Occorre praticare lo stesso rituale per altre due Vigilie di seguito, perché la regola impone che il rito deve essere compiuto durante i tre primi Natali di vita del bambino. E se si salta un anno, lo scongiuro non vale.
Tra voi lettori c’è qualcuno che è nato la notte del 24 dicembre?  16 apr. 2023

CONNY MELCHIORRE

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