Prima il pestaggio a Pescara, poi l'arresto e il taser: la tragedia di Riccardo Zappone. 'Nostro figlio era buono'

Prima le botte, poi il fermo con il taser, infine la morte. Riccardo Zappone, 30 anni, di San Giovanni Teatino (Ch), è deceduto ieri a Pescara dopo un malore sopraggiunto mentre si trovava in stato di fermo in Questura. Era stato poco prima aggredito all’interno di un’officina meccanica in strada comunale Piana, dove si era verificata una violenta colluttazione.

Secondo quanto accertato, il giovane sarebbe stato picchiato, all'interno dell'autofficina, da tre uomini – i fratelli Angelo e Paolo D. L., titolari dell'attività, e un loro conoscente Daniele G..

La vittima, in cura al Centro di salute mentale di Chieti, probabilmente in preda ai problemi psichiatrici che aveva, sarebbe entrato e avrebbe dato in escandescenza. A quel punto l’aggressione terribile. Solo dopo che è stato malmenato, è stata allertata la polizia. Quando gli agenti sono arrivati, hanno immobilizzato il giovane, che era molto agitato, con una scarica della pistola elettrica, sostenendo che opponeva resistenza.

Una volta condotto nelle camere di sicurezza per l’identificazione e gli atti di rito, il ragazzo ha iniziato a sentirsi male. I sanitari del 118 sono intervenuti, ma le manovre di rianimazione in ospedale si sono rivelate inutili. Il suo cuore si è fermato. 

Oggi pomeriggio è stata eseguita l’autopsia, affidata al medico legale Cristian D’Ovidio. Un passaggio cruciale per fare luce sulle cause del decesso e capire se ci sia stata correlazione tra le percosse, avvenute, scrive il pm Gennaro Varone, "con violenza, anche mediante l'uso di un bastone di legno, sino a subire ferite sanguinanti", e l’arresto cardiocircolatorio. O se è stata la scossa del taser la causa della drammatica fine del giovane.

Il padre della vittima, Andrea Zappone, non nasconde lo sconcerto:
"Che motivo c’era di arrestarlo? Le forze dell’ordine lo conoscevano bene. Sapevano chi fosse. Perché non è stato chiamato direttamente il 118, come in altre occasioni, per un trattamento sanitario obbligatorio? Era davvero necessario usare quella pistola elettrica?"

Una domanda pesante, che ora attende risposte. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha espresso cordoglio alla famiglia e promesso accertamenti: "Faremo le valutazioni necessarie e ne trarremo le conseguenze", ha dichiarato.

Nel frattempo, la famiglia ha voluto rompere il silenzio per ricostruire con chiarezza il profilo di Riccardo: "Nostro figlio non aveva precedenti penali. Era un ragazzo buono, con delle fragilità personali. Non gli è mai mancato il nostro sostegno, né quello delle istituzioni. Non vogliamo che la sua morte venga strumentalizzata. Ricordiamolo per ciò che era: fragile, sì, ma generoso, umano, e mai violento".

I tre coinvolti nel pestaggio, di 61, 55 e 37 anni, sono adesso indagati per lesioni volontarie aggravate dall'uso dell'arma e dal numero di persone. L’inchiesta è aperta e la Procura sta cercando di ricostruire tutte le fasi di una giornata tragica. 04 giu. 2025

SERENA GIANNICO

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