Civitaluparella. Voleva abbattere sperone roccioso del paese: rinviato a giudizio l'ex sindaco
L'idea era di abbattere lo sperone roccioso che fa da contrafforte al paese di Civitaluparella (Ch): tre milioni 764.500 metri cubi di montagna che, secondo lui, avrebbero dovuto essere eliminati. E, per poterlo fare, secondo quanto contestato dalla magistratura, ha fatto risultare, su atti pubblici, che quella roccia “rappresentava un pericolo potenziale”. In realtà l'obiettivo – stando ai capi d'accusa – era di  procurare “ingiusti vantaggi economici e patrimoniali” ad un'impresa. Per ciò l'ex sindaco di Civitaluparella, Mariano Ficca, 60 anni,  è stato oggi rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Lanciano, Marina Valente. Il processo comincerà il prossimo 2 maggio. 
 
L'imputato, difeso dall'avvocato Maurizio Giannattasio, deve rispondere di abuso d'ufficio, corredato da alcune violazioni di legge, come  quella dell'articolo 97 della Costituzione, “in relazione all'imparzialità dell'azione del pubblico funzionario, con divieto di favoritismo”. La vicenda penale è legata alla cava di inerti di località Ristretta di Civitaluparella, ampia circa un ettaro e riattivata nel 2004 con un progetto di ripristino ambientale mai portato e termine e per il quale pende un altro procedimento penale. Ficca, ora capogruppo consiliare d'opposizione, è accusato, in sostanza, di aver architettato e messo in pratica una serie di azioni finalizzate a far proseguire l'attività estrattiva alla srl Das, per almeno altri 15 anni. Guai giudiziari, naturalmente, anche per i titolari della società, Emidio e Guido Alimonti, di Guardiagrele, “quali beneficiari, consapevoli delle illegittimità” compiute. Anche loro, assistiti dagli avvocati Maurizio Minichilli e Pierluigi Tenaglia, sono finiti sotto processo. 
 
Con delibera 81 del 28 novembre 2011, l'ex giunta comunale, capitanata da Ficca, decise l’ampliamento della cava. Gli atti approdarono in Regione e il Comitato Via (Valutazione impatto ambientale) il 21 febbraio 2013  stabilì che il piano proposto dal Comune era di dimensioni tali “da rendere necessario un approfondimento”. Un progetto faraonico, “altamente impattante”: materiale da prelevare oltre 3 milioni e mezzo di metri cubi, a cui vanno aggiunti i 2 milioni 273.692 metri cubi precedentemente autorizzati ed in ordine ai quali la cava era già sotto sequestro ed è in corso, dal 2012, un procedimento penale, a carico dei vertici della Das, per truffa ai danni del Comune  e per violazioni ambientali. Per ciò la Regione non ha autorizzato ma ha sollecitato controlli. 
 
E l'allora il sindaco, per aggirare gli ostacoli e sbloccare la situazione, il 4 aprile 2014 adottò un'ordinanza, con carattere d'urgenza e “al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana”: con essa dispose “l'abbattimento/asportazione dello sperone roccioso situato nella porzione nord-est della cava”. E affidò gli interventi – 3 milioni 700 mila metri cubi da sbancare - e la successiva bonifica dell'area - con rimozione del materiale, trasporto a valle, lavorazione e vendita - ai gestori della cava. L'ordinanza non venne inviata neppure al prefetto, come prevede il Testo unico degli enti locali. E, soprattutto, ha verificato la Procura, non è mai esistito alcun rischio per la collettività. Il tutto – come emerge dal corposo capo d'imputazione – serviva solo a consentire alla ditta di riprendere l’attività estrattiva, da un lato bloccata dal sequestro della magistratura,  dall’altro dal mancato rinnovo dell’autorizzazione regionale. Il Comune di Civitaluparella, adesso guidato  dal sindaco Loredana Peschi, si è costituito parte civile. In aula, questa mattina, per il Comune, c'era l'avvocato Diana Peschi, in rappresentanza dell'avvocato Cristiana Rulli che sta seguendo la vicenda. 12 febbraio 2018
 
Serena Giannico
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