La lunga scia di morti a causa di proiettili vaganti durante la caccia.
Il primo novembre 2020 vi restò vittima Antonino Di Gregorio, 72 anni, di Piane d’ Archi (Ch), commerciante tessile in pensione, con storico negozio a Perano (Ch). Appassionato e provetto cacciatore anche lui, era andato nel suo podere, avuto in eredità, in località Coccioli di Gessopalena (Ch).
Imbracciava un fucile, ma probabilmente era più impegnato a cercar funghi e tartufi che non con la doppietta. Si trovava sulla provinciale Gessopalena - Roccascalegna quando improvvisamente venne colpito al petto, a pochi millimetri dal cuore, da un colpo di fucile calibro 12 sparato da un cacciatore che, con altri colleghi, si trovava nel bosco per una braccata al cinghiale.
Una tragedia che ieri è approdata dinanzi al gup Giovanni Nappi che ha accolto il rito abbreviato per l’imputato Carmine Di Luzio, 51 anni, di Casoli (Ch). Accusato di omicidio colposo, l’uomo verrà giudicato il prossimo 22 gennaio, difeso dagli avvocati Maria Grazia Tana e Vincenzo Larizza. Ben 16 le parti civili, familiari e parenti vari, patrocinate dagli avvocati Giacinto Ceroli e Denis Lovinson, che hanno ritirato la costituzione essendo già state risarcite in separata sede dall’assicurazione.
L’imputato è accusato dal pm Francesco Carusi di negligenza, imprudenza e imperizia nonché per colpa specifica in violazione delle norme che vietano di sparare per l’esercizio venatorio nelle aie, corti o altre pertinenze rurali, nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o posto di lavoro e a distanza inferiore a 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccetto le strade poderali e interpoderali.
Nel gruppo, l’imputato aveva il ruolo di canaio e ha mantenuto la distanza di 17 metri dal margine della strada per riavvicinarsi ai cani che risalivano il bosco; poi ha percepito l’arrivo di un ungulato e ha sparato col semiautomatico Benelli M1, anima liscia a palla unica, colpendo lo sfortunato Antonino che era nascosto dalle fronde e posizionato sul margine sinistro della provinciale, a distanza di 137 metri dal luogo dell’esplosione, senza che il proiettile venisse deviato da eventuali rimbalzi.
Il processo chiarirà i contorni della tragedia. Sul triste episodio si registrò la presa di posizione del Wwf Abruzzo che sostenne: “Non si può morire per errore. Sempre più lunga la lista degli incidenti di caccia in Abruzzo con situazione fuori controllo e non più tollerabile”. 20 giu. 2023
WALTER BERGHELLA
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