Terremoto Centro Italia, la protesta a Roma. 'Basta passerelle politiche, ora la ricostruzione'
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Al Governo chiedono "subito la ricostruzione". "Basta passarelle di politici, - urlano - è ora di agire. Non si può più attendere".  A tre anni dal sisma che ha devastato il Centro Italia nell'agosto del 2016, delegazioni dei terremotati di Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria, che si sono radunati in piazza Montecitorio a Roma, hanno denunciato che "il tempo, nel cratere, si è fermato" e "nulla è cambiato". Quelli che sono cambiati,  anche a ripetizione, invece, sono i Governi. "Tre governi, tre commissari, un sottosegretario - denunciano in un grande striscione  - promesse non mantenute: visite, valutazioni, chiacchiere, mentre la ferita resta aperta. Siamo come ci avete lasciati: soli".

"Hanno allargato il cratere, da 41 Comuni sono diventati 150 - spiega Luigi De Santis, di Amatrice - con una dispersione di denaro soltanto per avere dei voti. Ma che ci facciamo dei cinema, dei centri di aggregazione se non si ricostruisce. Voglio un decreto ad hoc, invece ci hanno inserito in quello di Genova e di Ischia". I cittadini, riuniti nel coordinamento dei Comitati terremoto Centro Italia. denunciano "la latitanza" del commissario straordinario per il terremoto, Piero Farabollini, e la "silente vergogna" del sottosegretario Vito Crimi. Sono imbestialiti con tutti i politici "della prima e della seconda repubblica", tutti "pinocchi" come rappresentato dagli 80 disegni realizzati dai bambini di Camerino, e mostrano in uno striscione le foto "dei responsabili", in cui, tra gli altri, ci sono Zingaretti, Renzi, Salvini, Di Maio, Borrelli. E rivolti sempre ai politici urlano dai megafoni: "Non ci rappresentante", e ancora "Buffoni", "Vergogna".

Ormai esasperati i lanciano pesanti accuse: "Se fossimo banche e non persone sarebbe finita la ricostruzione", affermano.  E Sergio Riccardi: "Siamo arrivati al paradosso che - sostiene - non tolgono le zone rosse per evitare di innescare il processo di ricostruzione". Chiedono "misure mirate": una zona franca di medio-lungo periodo, incentivi alle imprese artigiane e azioni mirate al rilancio delle attività di agricoltura, allevamento e filiera agroalimentare. "Ma tutto questo si può fare - avvertono - se viene garantito lavoro e reddito alle popolazioni oggi sfollate, in modo da evitare anche il rischio di  allontanamento dal territorio". Chiedono, inoltre, che i fondi delle Regioni, "sia quelli ordinari che quelli straordinari concessi dallo Stato e dall'Europa", vengano "riorentati" per progetti "concordati direttamente con operatori e residenti" evitando la logica delle grandi opere infrastrutturali inutili. Come accaduto a Castelluccio di Norcia: "Zero residenti e 17 ristoranti". 

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