San Vito. Conducevano aziende al fallimento e truffavano: 16 denunce

Erano dediti alla ricerca sistematica di società in crisi delle quali, tramite teste di legno, ne acquistavano le quote e, variandone la sede, l’oggetto e il capitale sociale, gradualmente, le conducevano al fallimento.

E’ quanto scoperto dal Comando provinciale Chieti della Guardia di Finanza nell’ambito di una complessa indagine che ha permesso di individuare un sodalizio criminale dedito alla commissione di reati quali truffa, frode fiscale e bancarotta fraudolenta. Ad operare, in particolare, la Tenenza di Ortona, con il coordinamento della Procura di Lanciano (Ch). In 16 sono stati denunciati.

Fin dal 2018, gli indagati si sono inseriti ai vertici di una società, ormai priva di una struttura aziendale, spostandone la sede a San Vito Chietino e tramite false manovre di bilancio, ne hanno aumentato fittiziamente il capitale sociale, portandolo da 3 mila a 45 mila euro, così da creare l’immagine di un’azienda solida e, pertanto, idonea a riscuotere credibilità finanziaria sul mercato.

Le Fiamme gialle  hanno accertato che essa veniva utilizzata come società “cartiera”, cioè costituita per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti a favore di un gruppo di aziende tutte riconducibili ad un unico imprenditore. Tale procedura illecita, che si è avuto modo di riscontrare, è stata utilizzata anche da altre due società e da una ditta individuale, tutte prive di una vera struttura, caratterizzate da capitali fittizi, limitata operatività nel tempo e dal mancato assolvimento degli obblighi tributari. Le tre società "cartiere", poi indotte al fallimento e la ditta individuale, sono state “usate” per emettere fatture per operazioni inesistenti per oltre 1,1 milioni di euro al fine di consentire a terzi di evadere, tra l’altro, oltre 240 mila euro di Iva.

E' anche saltata fuori una truffa ai danni di una locale agenzia di lavoro interinale che, tratta in inganno, ha fornito, alla società di San Vito, personale mai impiegato. Infatti, i lavoratori, sono stati scelti e assunti in maniera “veicolata” e pagati per fittizi lavori di pulizia e sanificazione direttamente dalla società interinale, alla quale la società committente non ha mai corrisposto i compensi per un importo complessivo di oltre 37 mila euro. I lavoratori “fantasma”, infine, una volta interrotto il rapporto con la società, hanno richiesto all’Inps addirittura il contributo per la disoccupazione, traendo così in inganno anche l’ente previdenziale. 20 giu. 2023

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