Operai affamati e sfruttati e due arresti. Al processo sul caso di caporalato sono emersi sì sfruttamento del lavoro, stipendi sotto il contratto nazionale di lavoro e condizioni di disagio in fabbrica, pessime anche la sicurezza, ma non sono bastati a chiudere il cerchio su una delle prime inchieste contro il caporalato in Abruzzo che il 19 marzo 2015 portò a due arresti e tre denunce sul caso dell’azienda metalmeccanica sangrina Saldotek srl, in territorio di Roccascalegna (Ch). Difatti, con tali considerazioni, il pm Francesco Carusi ha chiesto ieri l’assoluzione per i 5 imputati perché il fatto non sussiste. "L’istruttoria - ha detto Carusi – ha ottenuto risultati importanti sullo sfruttamento e condizioni di disagio in fabbrica, ma non ha raggiunto le prove per altri capi d’imputazione che avrebbero completato l’accusa". Come dire argomento più legato a cause di lavoro che a considerazioni di gravi reati penali, quali violenza, minaccia, intimidazioni e sfruttamento dello stato di bisogno su operai romeni assoldati in Patria e presuntivamente ridotti in stato di schiavitù, lasciati pure senza mangiare. Uno di loro chiedeva la telefono "Padrone mi dai almeno 10-20 euro per comprare il pane" e lui che risponde "Domani ti faccio un po' di spesa".
L’inchiesta è stata una delle prime in Italia con le nuove norme sul caporalato. Gli arrestati furono l’impresario di un’agenzia di lavoro Roberto Sandionigi, di Pescara, e l’intermediario romeno Gheorghe Barbulescu, di Pineto (Te), che reclutava la manodopera in Romania. A processo anche Daniele Di Giuseppe, di Casoli (Ch), capo operaio; Luciano D’Agostino, di Pescara, ed Eduardo Liberatore, di Castel Di Sangro (Aq), amministratore e datore di lavoro formale, il cui difensore Michele Di Toro oltre all’assoluzione ha chiesto al tribunale collegiale il dissequestro della fabbrica. Tutti i difensori, Giuseppe Pantaleone, Daniela De Sanctis e Marta Di Nenno, chiedono analoga assoluzione. Sentenza il 15 maggio. In caso di condanna pene da 5 a 8 anni. Indagine nata dalla denuncia di un operaio a una tv romena che ha avvertito l‘associazione Romania a Roma. Si parlava di stipendi fino a 1.100 euro, ma agli operai, il 40% in nero, non finiva nulla. Detratti pure 500 euro al mese per posto letto, ammassati in 5-6 in stanze sudicie e dormendo a terra. La polizia sequestrò anche carte d’identità sottratte, lettere di licenziamento pre firmate e falsa tessera della polizia rumena.
24 gennaio 2019
Walter Berghella
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