Coronavirus. Ospedale Lanciano. 'Dimessa da Medicina quando c'erano positivi in reparto... E nessuno ci ha avvertito'

"Mia madre è stata dimessa, nei giorni scorsi, dall'ospedale di Lanciano (Ch), da Medicina, quando nel reparto c'erano già positivi al Covid-19. Ma nessuno si è preoccupato di informarci di questo. E non è neppure stata sottoposta a tampone prima di rimandarla a casa...".

E' sconcertata Chiara G., di Lanciano, che, tramite il proprio legale, Maria Pina Benedetti, ha inviato anche una lettera di protesta al direttore generale della Asl Lanciano Vasto Chieti, Thomas Schael, e al direttore sanitario dell'ospedale di Lanciano.

"Lo scorso 28 novembre - spiega il legale nella missiva - la mia assistita ha dovuto richiedere l’intervento del 118 per la propria madre ultranovantenne, residente in Lanciano, per insufficienza respiratoria". L'anziana è stata ricoverata all'ospedale di Lanciano "dove le veniva somministrato ossigeno e fatto un test rapido con risultato negativo, tenuta quindi in "zona grigia" in attesa del risultato del tampone molecolare poiché manifestava sintomatologia compatibile con infezione da Covid 19". Il 30 novembre il tampone è risultato negativo e la signora è stata ricoverata in Medicina, da dove è stata dimessa il 9 dicembre, per far rientro a casa.

Lo stesso giorno la figlia è venuta "a conoscenza, dalla stampa web", che nel reparto Medicina vi era un paziente positivo al coronavirus in via di trasferimento a Chieti. "La mattina - prosegue la lettera - preoccupata, sia per la propria madre che per il resto della famiglia (in casa ci sono anche un figlio disabile, la badante, e talvolta la sorella) ha contattato telefonicamente Medicina ove le è stata confermata la notizia. I sanitari con cui ha parlato hanno cercato di rassicurarla circa l’inesistenza di rischi in quanto il paziente positivo si trovava nella zona maschile...".

"Il comportamento dei sanitari, che quantomeno dal giorno prima erano a conoscenza della presenza di un positivo in reparto - si fa presente - non sembra rispettoso dei diritti dei malati e loro familiari, ai quali non è stato neppure comunicata la presenza del paziente positivo e il connesso rischio di contagio. Pur in assenza di un contatto diretto, è di evidenza elementare che il personale, sanitario e non, ha avuto quello che è espressamente definito "contatto stretto" con il paziente positivo, sicché circolando per il reparto, per le normali esigenze di cura, pulizia, alimentazione etc. dei pazienti, ha reso possibile il pericolo di veicolare il virus nei confronti degli altri operatori sanitari e dei ricoverati".

Nella nota viene quindi chiesto "se esiste un protocollo adottato dalla Asl" e cosa preveda in questi casi e  quali "misure per la sanificazione degli ambienti e la protezione degli altri pazienti debbano essere adottate; se è previsto il blocco di ricoveri e dimissioni (che è stato fatto nei primi del mese in corso nel reparto Cardiologia) e comunque se la dimissione, senza alcuna cautela, di altro paziente che si trovava nel medesimo reparto, sia compatibile con l’esigenza di tutela del paziente stesso e di prevenzione dei contagi".

Inoltre si domanda "per quale ragione, in sede di dimissione della signora, non è stato comunicato alla figlia che un paziente del reparto era risultato positivo, affinché potesse valutare l’adozione di maggiori precauzioni nei rapporti con la mamma (non autosufficiente e che dunque ha bisogno di essere lavata, aiutata a spostarsi, a mangiare etc.), e nei rapporti tra questa e gli altri familiari. A prescindere da qualsiasi protocollo, infatti, è norma di comune buon senso, oltre che specifico dovere professionale, e a maggior ragione nell’attuale grave situazione sanitaria, fornire al paziente e ai suoi familiari ogni informazione utile ad evitare, limitare o contenere il rischio di contagio qualora, come nel caso di specie, tale rischio sia ingenerato proprio dal ricovero in ospedale. Per contro, l’omissione di informazioni e prescrizioni  cautelative assolutamente utili nell’immediato, oltre a denotare incuria e violazione di doveri, ha determinato comprensibile grave stato di ansia". 

"Dopo le varie chiacchierate con i medici - riprende Chiara G., - ci siamo attivati per far sottoporre mia madre subito a test rapido. E poi abbiamo chiesto un tampone". 

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