Furono negligenza, imperizia, imprudenza, e violazioni di norme, leggi e regolamenti a causare, il 18 gennaio 2017, 29 morti all'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), quando il resort di lusso fu travolto e cancellato da una valanga. Queste le conclusioni alle quali è giunta la Procura di Pescara e che sono contenute nei 14 avvisi di garanzia che sono stati notificati oggi ai presidenti delle ultime tre Giunte regionali (Ottaviano Del Turco, Gianni Chiodi e Luciano D'Alfonso), agli assessori regionali con delega alla Protezione civile (Tommaso Ginoble, Mimmo Srour, Daniela Stati, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca) e a vari funzionari regionali che si sono susseguiti dal 2006 al 2017 (quali Carlo Visca, direttore del dipartimento dal 2009 al 2012; Vincenzo Antenucci, dirigente Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013; e Giovanni Savini, direttore del dipartimento di protezione civile per tre mesi nel 2014; il responsabile della sala operativa della Protezione civile Silvio Liberatore;  il dirigente del servizio di Programmazione di attività della Protezione civile Antonio Iovino; Cristina Gerardis, ex direttore generale della Regione). Sono tutti accusati, a vario titolo, di omicidio, lesioni e disastro colposo. Si tratta del filone dell'inchiesta riguardante la mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga prevista dalla legge regionale 47/1992 in tema di 'Norme per la previsione e la prevenzione dei rischi da valanghe'. Secondo la magistratura, la carta valanghe "laddove emanata, avrebbe individuato nella località di Rigopiano un sito esposto a tale pericolo (sia per obiettive evidenti ragioni morfologiche e ambientali sia per documentate vicende storiche)".

La mancata emanazione della carta valanghe, si legge negli avvisi di reato, "ha fatto sì che le opere già realizzate dell'Hotel Rigopiano non siano state segnalate dal sindaco" al Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e delle valanghe. Secondo i pm tali informazioni, "avrebbero determinato, ad opera del Comitato, l'immediata sospensione di ogni utilizzo, in stagione invernale, dell'albergo, fino alla realizzazione di idonei interventi di difesa anti valanghe nonché un valido piano di bonifica preventiva degli accumuli nevosi con procedure di distacco controllato". Per i pm,  Del Turco, Ginoble, Paolini, Srour, Chiodi, Stati, Giuliante, D'Alfonso e Mazzocca, avrebbero "omesso di intervenire presso i funzionari responsabili del servizio di Protezione civile, sollecitando tempestivamente l'attuazione e l'esecuzione degli obblighi di legge" e la redazione della carta valanghe. Pertanto, in cooperazione tra loro e con i funzionari responsabili della Protezione civile indagati, concorrevano, dicono i magistrati , "nel realizzare la condizione di assenza delle suddette misure di salvaguardia", per cui "verificatosi un innevamento di particolare intensità a monte dell'Hotel Rigopiano, cui seguiva una valanga di grandissime proporzioni, la stessa travolgeva tutte le strutture dell'albergo, in quel momento con presenza di clienti e personale, determinandone il crollo in termini di distruzione completa". Le condotte omissive avrebbero dunque provocato i decessi e "lesioni personali, anche gravissime, ad altre nove persone presenti all'interno dell'Hotel". Visca, Antenucci e Savini, in concorso con Vittorio Di Biase, Sabatino Belmaggio, Carlo Giovani, Cristina Gerardis, Emidio Primavera, avrebbero invece omesso "di attivarsi affinché venisse dato corso, quanto prima, alla redazione e alla realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli di valanga per tutto il territorio della regione Abruzzo".

Ma c'è di più... La Regione - si fa presente negli atti giudiziari - "determinò le condizioni per il totale isolamento dell'Hotel Rigopiano". Le condizioni dell'Hotel Rigopiano - viene ancora fatto presente - erano "comunque tali da impedire che la strada provinciale dall'hotel al bivio Mirri, lunga 9,3 chilometri, fosse impercorribile per ingombro neve, di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti nell'albergo di allontanarsi dallo stesso, tanto più in quanto allarmati dalle scosse di terremoto del 18 gennaio". Inoltre la Procura imputa alla Regione, "nelle persone del presidente della Giunta regionale, dell'assessore con delega alla Protezione civile e dei funzionari sopra indicati", di avere attivato "tardivamente il Comitato operativo regionale per le emergenze", peraltro in assenza di piani di emergenza regionali, in località diversa da quella della Sala operativa.

Gli indagati, contesta ancora la Procura, erano "consapevoli dell'emergenza neve riguardante l'Abruzzo" e, in particolare l'area montana della provincia di Pescara, sulla base delle previsioni meteo, ma anche di segnalazioni e richieste d'intervento. C'erano gli avvisi "di condizioni meteorologiche avverse, diffusi dal centro funzionale Abruzzo" e i "bollettini valanghe emessi dal servizio Meteomont", che in particolare nell'ultimo, quello del 17 gennaio alle 14, evidenziava "pericolo valanghe di grado tra 3 e 4 per la giornata, e di grado 4, cioè forte, per i successivi tre giorni". Al riguardo vengono citate la nota del capo di gabinetto della prefettura di Pescara, Leonardo Bianco, "inviata il 16 gennaio 2017 a presidenza del Consiglio dei ministri, ministro dell'Interno e Regione Abruzzo" e il "messaggio multiplo inviato nel pomeriggio del 17 gennaio, alle 19.29, dal sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, al presidente della Regione, Luciano D'Alfonso, al sottosegretario Mario Mazzocca e al presidente della Provincia, Antonio Di Marco, con urgente richiesta di mezzi spazzaneve per la mattina del 18 gennaio per "liberare contrade già isolate". Infine si sottolinea l'"ulteriore consapevolezza della mancata adozione e quindi della totale carenza dei piani di Emergenza regionale".

Gli interrogatori cominceranno il prossimo 19 giugno e si concluderanno il 27 dello stesso mese. Il 19 giugno il procuratore della Repubblica di Pescara, Massimiliano Serpi, e il sostituto Andrea Papalia, ascolteranno Carlo Visca, direttore del Dipartimento regionale di Protezione civile dal 2009 al 2012; Giovanni Savini, direttore dello stesso Dipartimento per tre mesi nel 2014; Vincenzo Antenucci, dirigente del Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013. Il 20 giugno saranno interrogati l'ex governatore Ottaviano Del Turco, l'ex vicepresidente della giunta Enrico Paolini, gli ex assessori, con delega alla Protezione civile, Tommaso Ginoble e Mahmoud Srour. Il 21 giugno sarà la volta dell'ex governatore Gianni Chiodi e degli ex assessori alla Protezione civile, Daniela Stati e Gianfranco Giuliante. Il 26 giugno toccherà all'attuale presidente e senatore Luciano D'Alfonso, e all'attuale sottosegretario alla presidenza con delega alla Protezione civile, Mario Mazzocca. Gli interrogatori si concluderanno il 27 giugno, con Silvio Liberatore, responsabile della sala operativa della Protezione civile, e il dirigente del servizio di programmazione di attività della Protezione civile, Antonio Iovino. 
06 giugno 2018

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