Orsetti trovati morti in invaso artificiale a Scanno: fioccano esposti, scatta inchiesta Procura

La morte dei due cuccioli di orso bruno marsicano, annegati nell’invaso artificiale di Colle Rotondo nel comune di Scanno (Aq), ha spinto la Procura della Repubblica di Sulmona (Aq) ad aprire un’inchiesta per uccisione di animali, al momento contro ignoti.

I due giovani esemplari, entrambi maschi e di circa un anno e mezzo, sono stati notati da un cittadino che ha visto i corpi galleggiare nella vasca assieme a quelli di alcune rane. La vasca, un ex bacino per l’innevamento artificiale di una stazione sciistica dismessa, si è rivelata una trappola mortale: le pareti lisce in plastica e l’assenza di barriere di sicurezza impediscono qualsiasi via di fuga agli animali che vi scivolano dentro.

Il sopralluogo, condotto dai carabinieri forestali e seguito dallo svuotamento completo dell’invaso, non ha rilevato altre carcasse. Sono stati osservati pesci vivi, invece, un elemento che – secondo gli inquirenti – esclude l'ipotesi dell'avvelenamento. Le prime analisi diagnostiche hanno inoltre confermato l’assenza di fori di arma da fuoco, mentre si attendono nei prossimi giorni i risultati dell’esame necroscopico eseguito dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo, che dovrà chiarire con precisione le cause della morte.

Secondo una prima ricostruzione, è probabile che anche la madre dei cuccioli fosse presente: sarebbe riuscita a salvarsi aggrappandosi con le unghie alle pareti, lasciando segni evidenti. La tragedia ha rinfocolato le polemiche sulle infrastrutture dismesse e abbandonate, spesso dimenticate ma potenzialmente pericolose per la fauna protetta dell’Appennino centrale. Il Wwf e altre associazioni ambientaliste hanno rilanciato l’allarme, chiedendo “interventi strutturali urgenti e non più rinviabili”.

Particolarmente dura la nota dell’Enpa, che denuncia come “quel bacino, con un fondale scivoloso e privo di vie di fuga, fosse una trappola letale per la fauna”. L'associazione ricorda che “gli animali non conoscono confini amministrativi” e chiede la messa in sicurezza di tutti i bacini artificiali, anche al di fuori delle aree protette.

Dalle parole alle denunce: sono già tre gli esposti depositati in Procura. Al centro dell’indagine, anche la mancata messa in sicurezza del sito, la cui pericolosità era nota da un pezzo. “La nostra associazione aveva segnalato da tempo il pericolo e offerto disponibilità a sostenere i costi degli interventi”, denuncia un comunicato firmato dall'associazione "Salviamo l'orso". “Ci siamo scontrati con l’ignavia dell’amministrazione comunale”.

Il sindaco di Scanno, Giovanni Mastrogiovanni, dopo un sopralluogo, ha dichiarato: “Non abbiamo ricevuto alcuna indicazione. Restiamo a disposizione delle autorità”.

A rendere ancora più grave la vicenda è la collocazione del bacino: nonostante sia esterno al perimetro del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), si trova all’interno di una Zona Speciale di Conservazione (Zsc) della Rete Natura2000, la cui supervisione è affidata proprio al Pnalm. Lo ricorda l’ecologista Augusto De Sanctis, che chiede se l’Ente Parco abbia mai ordinato al proprietario o gestore dell’invaso la necessaria messa in sicurezza. “Secondo il Dpr 357/1997 – scrive De Sanctis – in caso di inadempienze sono previsti interventi dei carabinieri forestali”.

La morte dei due orsi fa salire a cinque, in meno di un anno, il numero noto di decessi nella popolazione del raro orso bruno marsicano, una delle sottospecie più minacciate al mondo. “Un dato insostenibile – afferma Corradino Guacci, presidente della Società Italiana per la Storia della Fauna – considerato che il 50% dei nati non supera il primo anno”. Guacci rilancia la proposta, rimasta finora inascoltata, di istituire una banca genetica per salvaguardare il patrimonio genetico della specie e invita l’Ispra a rivedere la sua posizione contraria alla conservazione ex situ. 12 mag. 2025

SERENA GIANNICO

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