Lanciano. 'Questo qui deve andarsene': ragazzo africano cacciato da bar della città

In due, seduti al tavolino esterno di un bar, uno dei più conosciuti e frequentati di Lanciano (Ch). Ordinati due caffè e, mentre li sorseggiano, la situazione precipita. "Di colpo la voce di un cameriere: "Questo, qui non ci può stare, se ne deve andare, perché dà fastidio".  L'episodio della vergogna, che riporta alla mente l'800 americano del Ku Klux Clan, viene denuciato, pubblicamente, in un post su Facebook, dal docente, scrittore e poeta di Lanciano, Remo Rapino, che ha colto l'occasione per scrivere una lettera aperta al sindaco di Lanciano, Mario Pupillo. C'era lui in quel bar, nello scorso fine settimana, con un ragazzo africano. 

"Incredulo, - racconta Rapino - ho cercato di capire. L’ordine veniva dall’alto? Dal titolare del locale? Sollecitato da qualche cliente? Non è stato dato saperlo, pur chiedendo a tutti i presenti. Nessuno aveva il coraggio di rispondere". Rapino si è risentito, ha alzato la voce, ha chiesto del titolare, che non è stato possibile rintracciare.

"Bayò - spiega Rapino - è un ragazzo nigeriano di 28 anni, rifugiato politico con regolare permesso di soggiorno. Ha fatto gli studi nel suo Paese, cattolico praticante, è arrivato sfidando il mare dopo anni di Libia. Vive a Pescara, un posto letto a 200 euro insieme ad altri migranti. Viene a Lanciano - perché "qui la gente è più buona", dice lui -  tutti i giorni tranne il lunedì e  mercoledì. In quei giorni, infatti, va a scuola d’italiano. Sì, vende oggetti (lampade a batteria, accendigas) ma con molta discrezione. Niente di strano: è la vita. L’ho conosciuto e, non avendo bisogno di niente, gli ho offerto un caffè". 

"Si parlava, - riprende il professore - come fanno, o dovrebbero di solito fare, gli esseri umani". Poi il becero episodio di razzismo. "Non si vuole qui sparare sulla Croce rossa (i poveri dipendenti, giovanissimi tra l’altro, a cui chiedo anche scusa per aver alzato la voce con loro). Eppure si chiedeva a me - fa presente Rapino - di allontanare il "fastidioso" cliente: discretamente acculturato, regolare, cattolico, educato. Sarà perché era di colore? Ma di colore lo siamo tutti, anche il bianco è un colore, così il giallo, l’olivastro. Solo il sangue è rosso per tutti. In quel momento ho pensato: questo accade nella mia città, nella stessa città dell’ottobre '43. Mi sono sentito offeso come cittadino italiano e come lancianese. Ho avuto la triste conferma che l’ignoranza è l’anticamera del razzismo e che il razzismo è una stanza buia alla fine del corridoio dell’ignoranza".

"La storia - riferisce Rapino - ha avuto un epilogo, bello e poetico, casuale, come era stato casuale il primo incontro. Dopo circa un’ora ho rivisto Bayò che correva verso la stazione, si è fermato per ringraziarmi, non per il caffè, ma per averlo difeso, e, sorridendo, mi ha chiesto: "Tu ce l’hai un amore?" Forse si può ancora sperare (in quel momento, forse perché sto vivendo una difficile fase odontoiatrica, ho invidiato i suoi denti bianchissimi). Pensate a quelli che potevano e non sono intervenuti a difendere un diritto sancito dalla nostra Costituzione (articolo 3). Si dovrebbe fare qualcosa, parlare, confrontarsi senza pregiudizi. Restare umani". 

"Lo chiedo, convintamente, alle istituzioni di questa città. Un sogno? Può darsi. In inglese la parola Sogno si traduce con Dream (I’ve a dream, M. L. King. Qualcuno ricorda il discorso tenuto da Martin Luther King Jr. il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington ?). Ecco, anagrammando la parola "dream" si ottiene la parola... merda. Non è volgarità, bensì indignazione. E' venuto il momento di indignarsi e fare di più".

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