Caro bollette. Pubblica illuminazione accesa in ritardo e spenta prima: la delibera al risparmio dei Comuni della provincia di Chieti

Una riunione ad Atessa (Ch), lo scorso 29 settembre, tra una cinquantina di sindaci della provincia di Chieti. Poi l'incontro col prefetto, Armando Forgione, ed ora decine di amministrazioni civiche della provincia di Chieti stanno approvando una stessa delibera, pensata e approntata insieme, volta a ridurre i consumi di energia e quindi il costo delle bollette per i Comuni. Meno ore di pubblica illuminazione e caloriferi al minimo: questi i provvedimenti in via di adozione. 

"La crisi energetica - recita la delibera - impatta pesantemente sulla vita delle famiglie, delle imprese, delle attività commerciali e delle pubbliche amministrazioni: molte famiglie non sono in grado di pagare le bollette e rischiano di restare al freddo e al buio, alcune attività economiche hanno chiuso o rischiano di chiudere; i Comuni hanno difficoltà a chiudere in pareggio la gestione dei propri bilanci;  a fronte di un aumento di oltre l'87% del costo dell'illuminazione pubblica e del 110% del riscaldamento degli edifici comunali, i ristori governativi hanno finora coperto il 32% degli incrementi di spesa. Si è di fronte a un bivio in quanto o si usano le risorse ordinarie per far fronte al caro energia e si tagliano i servizi, oppure si continuano a erogare i servizi (per scuole, opere pubbliche, assistenza sociale, attività culturali) e non si paga l'aumento del costo energetico, con le inevitabili conseguenze. L’Anci (Associazione Nazionale Comuni d'Italia) ha chiesto il totale ristoro per le nostre municipalità, cosa, al momento, molto difficile, ma se anche il nuovo Governo dovesse accogliere questa richiesta, pensiamo che i Comuni debbano partecipare responsabilmente allo sforzo nazionale per il risparmio energetico per non trovarci in maggiori difficoltà nel futuro".

"Si potrebbe discutere a lungo sui motivi di questa crisi energetica, sulla speculazione in atto, che va stroncata, sulla guerra in Ucraina, sullo scontro Russia-America, ma tutto questo, oggi come oggi, - si fa presente - non risolve il problema di non dissestare i nostri bilanci e continuare a fornire i servizi essenziali ai cittadini e il grido di allarme è tanto più forte perché è accompagnato da una proposta che si fa carico delle difficoltà del momento. I consumi ed i costi - si rimarca - subiranno un ulteriore incremento legato al passaggio all’ora solare, per quanto riguarda la pubblica illuminazione, e all’abbassamento delle temperature, relativamente alle spese di riscaldamento".

Ritenendo di "dover adottare delle misure di contenimento dei consumi energetici degli immobili comunali...", e di dover "partecipare in maniera responsabile allo sforzo nazionale per il risparmio energetico, pur nella consapevolezza che non basterà a far fronte all’emergenza e all’aumento esponenziale dei costi e che da tali misure possa derivare qualche disagio", via alle... sforbiciate.

Le norme nazionali dicono che "durante il funzionamento dell’impianto di climatizzazione invernale, la media ponderata delle temperature dell’aria, misurate nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare, non deve superare i 18°C + 2°C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali, e assimilabili; 20°C + 2°C di tolleranza per tutti gli altri edifici".

I Comuni invece disporranno "di abbassare la temperatura degli edifici municipali dagli attuali 20° a 18°, ad eccezione delle scuole che manterranno la temperatura di 20°". E di "effettuare l’accensione alle ore 18 e lo spegnimento alle 5.30 della pubblica illuminazione dal 1 al 21 novembre; e alle 6 dal 22 novembre al 31 dicembre".

Una volta adottato, il provvedimento sarà inviato a Prefettura e Questura, all'Anci e al ministero della Transizione ecologica. 25 ott. 2022

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