Condannato a 20 anni, dalla Corte d'Assise d'Appello de L'Aquila, Fabio Di Lello, di Vasto (Ch), per l'uccisione, il primo febbraio 2017, a colpi d'arma da fuoco, di Italo d'Elisa, 21 anni, anch'egli di Vasto. La pena è stata ridotta di 10 anni: in primo grado, infatti, la Corte d'Assise di Lanciano (Ch) aveva inflitto 30 anni di reclusione all'imputato. Non è stata accolta la richiesta di conferma della sentenza di primo grado sollecitata dal procuratore generale Pietro Mennini e dalle parti civili, Gianrico Ranaldi e Pompeo Del Re. Un omicidio scaturito da un altro dramma. D'Elisa, infatti, aveva investito, con la sua auto, il primo luglio 2016, a Vasto, la moglie di Di Lello, Roberta Smargiassi, che era alla guida di uno scooter. La donna si schiantò contro un semaforo, cadde sull'asfalto e si spense poco dopo in ospedale. 

Il procuratore della Repubblica di Vasto (Chieti), Giampiero Di Florio, che aveva istruito il processo in Corte d'Assise a Lanciano (Chieti) e che in primo grado aveva chiesto l'ergastolo per Di Lello, non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul verdetto. Ha gridato invece tutto il proprio dolore in aula Diana Cupaiolo, la mamma di d'Elisa, trucidato a colpi di pistola davanti a un bar a Vasto. "Lo Stato lo ha ucciso un'altra volta - ha detto la donna - invece di stare vicino alle persone che vi si affidano per essere protette dalla giustizia". Delusi anche Andrea e Alessandro d'Elisa, fratelli di Angelo, padre di Italo: "Siamo rimasti esterrefatti: come si fa a pronunciare una sentenza del genere che dà un colpo di grazia alla giustizia? Lo stato di diritto deve essere rispettato. I difensori di Di Lello hanno sfidato le istituzioni che dopo questa sentenza si dimostrano deboli. Di Lello ha ucciso Italo e ora che fanno? Gli danno un premio riducendogli la pena". E ancora: "Come si fa a concedere le attenuanti generiche per l'uccisione a colpi di pistola di un bambino (ndr, riferendosi al nipote 21enne) che andava in bicicletta? Questa sentenza è un messaggio negativo per tutti i giovani. Italo è morto - hanno sottolineato - nessuno può più fargli del male, ora però a morire è stata la giustizia. Un atteggiamento che non riusciamo a capire; è sicuramente un disvalore". La famiglia D'Elisa aspetterà di leggere la sentenza e poi deciderà se seguire la strada del terzo grado di giudizio con il ricorso in Cassazione. 

"Non c'è soddisfazione in una sentenza pur sempre di omicidio, ma siamo felici per la comprensione della Corte che ha capito il dramma psicologico e umano di Di Lello anche rafforzata dalla perizia psichiatrica del giovane": a sostenerlo i difensori di Di Lello, Giuliano Milia e Pierpaolo Andreoni, che anche attraverso perizie tecniche hanno chiesto le attenuanti generiche e la minorata difesa per il loro assistito. Difesa che ha puntato sulla clemenza della Corte per smontare la tesi della premeditazione e sull'interpretazione della perizia psichiatrica ripercorrendo lo stato d'animo di Di Dello dopo la morte della moglie Roberta.
10 luglio 2018

Nella foto Di Lello. Cliccare su immagine per ingrandire

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