Vertenza Ball. Meloni: 'Le multinazionali non si riforniscano piu' da quest'azienda'. Interventi di Si e Potere al popolo
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L'appello è a quelle industrie che si sono rifornite o che si servono tuttora dalla Ball Beverage Packaging Srl. Ad esempio Coca Cola, Nestlè, Campari, Carlsberg, Peroni, Birra Castello, San Benedetto, Heineken, Ferrero ecc... "Non comprate più lattine da un'azienda che licenzia a Natale e delocalizza": è questo l'invito di Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia. "La Ball - fa presente - ha deciso di chiudere la fabbrica di lattine di alluminio a San Martino sulla Marrucina per trasferire la produzione in Serbia, senza alcun giustificato motivo. Lo stabilimento abruzzese, infatti, vanta record di produzione e qualità, lo 0,2% di assenteismo, 10 anni senza alcun incidente. Inoltre - sottolinea la leader di Fdi - il mercato delle lattine è florido e con buone prospettive, visto il progressivo abbandono della più inquinante plastica". La Ball è intenzionata a trasferire all'estero la produzione, con 70 dipendenti, più altri 15 lavoratori dei servizi, che resteranno disoccupati. "Ball - riprende Meloni - licenzierà il 25 dicembre con un cinismo senza pari, mentre i suoi principali clienti riempiranno le nostre tavole per i cenoni e faranno splendide campagne di solidarietà in spirito festivo. Faccio appello alla loro sensibilità per impedire questi licenziamenti brutali e tenere aperta, insieme alla fabbrica, la speranza di un intero territorio. Se la Ball non ritirerà i licenziamenti, chiedo alle multinazionali delle bevande di non acquistare più suoi prodotti e di denunciare un comportamento in aperta violazione di ogni codice etico e principio di responsabilità sociale". 

"Vogliamo ribadire come sia gravissimo e quindi ingiustificabile, per l'Abruzzo, l'ennesimo "prendi e scappa" di una multinazionale perfino in utile, e di come, per il nostro Paese, sia necessario fermare le continue delocalizzazioni verso altri Paesi in cui il costo della manodopera è pagato pochissimo e i diritti del lavoro sono quasi inesistenti": commenta, invece, Daniele Licheri, segretario regionale di Sinistra italiana. "Dal canto nostro  - prosegue - vigileremo attraverso i nostri deputati, in primis il segretario nazionale Nicola Fratoianni, per far sì che dal ministero dello Sviluppo economico mantengano le promesse, che non siano carta straccia o l'ennesimo "pacco", vista la situazione drammatica dei licenziamenti previsti per il 25 dicembre. Ad oggi questo governo di è dimostrato, come nella migliore tradizione della destra, forte con i deboli e debole di fronte ai colossi economici. Speriamo che in questo caso la politica possa fare davvero gli interessi di chi oggi passerà un Natale drammatico". 

"Nonostante sia in attivo come profitti, - scrive invece in una nota Potere al Popolo Abruzzo - la ditta americana ha deciso di chiudere lo stabilimento per delocalizzare in Serbia, strategia industriale ormai consueta delle multinazionali, che si trovano nel nostro territorio e non solo, come la Honeywell in Val di Sangro, lo scorso anno. La giustificazione a questa ennesima infamia - viene sottolineato -, sta nella solita retorica sui costi di produzione alti, di conseguenza la volontà di fare investimenti e innovazione dove i lavoratori sono più ricattabili economicamente e senza adeguate tutele sindacali. Dal non lasciare neanche la possibilità di usufruire della cassa integrazione per i lavoratori licenziati, dall'individuazione della data del 25 dicembre per chiudere i battenti in Abruzzo, emerge chiaramente la disumanità del capitalismo attuale e l’incompetenza del sistema politico nel gestire queste dinamiche. La nostra soluzione a queste problematiche ormai diffuse in tutta Italia è quella di costringere le multinazionali che decidono di delocalizzare, a non abbandonare territorio e lavoratori/ici. Questo si potrebbe fare in molti modi: applicando delle penali elevatissime come deterrente; facendo firmare prima del loro insediamento un impegno vincolante di etica aziendale, che indichi sin dall'inizio la volontà di risolvere i problemi legati ai flussi del mercato con i lavoratori/ici e per i lavoratori/ici, arrivando anche, se la chiusura è inevitabile, a lasciare ai lavoratori disoccupati i mezzi di produzione e lo stabilimento". 
25 novembre 2018

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