Coronavirus. Sevel, braccio di ferro azienda-sindacati.  Sciopero di Cobas e Usb. Si ferma la Isri

E' braccio di ferro, in Sevel ad Atessa (Ch), tra azienda e sindacati a causa dell'emergenza Coronavirus. 

Ieri la richiesta di Fiom, Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf di chiudere fino al 27 marzo. Del resto Fca, come annunciato ieri in una nota in inglese, ha fermato i siti di Melfi, Pomigliano, Cassino, Mirafiori Carrozzerie, Grugliasco, e Modena; a Kragujevac in Serbia e a Tychy in Polonia.

Ma in Val di Sangro la direzione dello stabilimento ha risposto alle istanze sindacali, annuciando, per oggi, col primo turno delle 5.45, la ripresa della produzione, seppur a volumi ridotti. "Ci ha fatto presente - viene spiegato in una nota dei sindacati - che sta applicando tutte le misure previste dal Decreto del Governo dell'11 marzo scorso. Abbiamo espresso i nostri timori - viene fatto presente - legati al fatto che sarà difficile tenere la distanza anti Covid 19 raccomandata, sia sulle linee che nelle aree comuni, che nelle fasi di entrata e di uscita. Inoltre per molti lavoratori costretti a prendere i mezzi pubblici sarà complicato compiere il tragitto in sicurezza, dato che i pullman sono sovraffollati". 

A questo punto è necessario, secondo i sindacati, raggiungere un'intesa tra le parti che preveda, da subito, "l'utilizzo della cassa integrazione per tutto il personale che non sarà in grado di recarsi in fabbrica".

Intanto lo Slai Cobas, in questa situazione, ha proclamato lo sciopero, da oggi al 21 marzo, per otto ore su tutti i turni. "I lavoratori - afferma in una nota - non sono carne da macello da sacrificare sull'altare dello sfruttamento". Per le stesse ragioni anche l'Usb-Unione sindacale di base è per l'astensione dal lavoro. 

E braccia incrociate alla Isringhausen, industria dell'indotto Sevel dove si realizzano sedili per il furgone Ducato. Le Rsu di Fiom, Fim e Uilm, dopo aver chiesto "con forza il blocco delle attività produttive", hanno optato per la linea dura. "Se ci chiedessero di contribuire a produrre ambulanze - scrivono in un documento - faremmo la nostra parte...". Ma così non è. "E noi - rimarcano - non abbiamo nessuna voglia di contagiarci e di esporre ad infezione le nostre famiglie, per realizzare beni che non sono di prima necessità. Non vogliamo diventare ordigni batteriologici umani. Fermarci - concludono - per fermare il virus! Per ripartire appena possibile, anche con i recuperi". Stop alle produzioni, quindi, da oggi al 21 marzo.

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