Lanciano. Ergastolo per l'omicidio D'Eliseo: ecco i fatti che hanno incastrato Di Nunzio
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Ergastolo per l’ex ispettore dei vigili del fuoco Aldo Rodolfo Di Nunzio, 73 anni il prossimo 26 giugno, accusato di aver strangolato con un filo elettrico la moglie Anna Maria D’Eliso, 60 anni, di Lanciano, amata e stimata collaboratrice scolastica. 

Delitto avvenuto il 15 luglio 2022 nel garage - rimessa della loro villa a Iconicella di Lanciano. Oggi, dopo 2 ore e mezza di camera di consiglio la Corte d’Assise, presidente Giovanni Nappi, giudice a latere Maria Rosaria Boncompagni, più i giudici popolari, ha emesso il verdetto; sono le 16.09 quando in aula risuona la terrificante sentenza di pena perpetua richiesta dal procuratore capo Mirvana Di Serio.

Integralmente accolte le sue tesi accusatorie, su un processo indiziario, che ha poggiato su nove pilastri: nessun gancio nel garage, soffitto coperto di ragnatele integre, filo elettrico che non poteva reggere i 75 kg del peso della donna, imputato non collaborativo. Solo i due coniugi erano in casa, ritardata la richiesta dei soccorsi e poi la sua indole violenta, con problemi acclarati di bipolarismo.

“Con una ricostruzione puntuale tutta la vicenda ha una direzione univoca - ha detto il pm Di Serio.  Elementi che parlano da soli e se la vittima non si è impiccata, soffocando, l’unica persona era il marito che ha creato una scena compatibile col suicidio.  L’ha ammazzato lui e non l’ha mai ammesso creando solo ipotesi alternative. E non ha chiesto scusa ai figli”. La sentenza, motivazioni in 70 giorni, ha poi disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, spese processuali e divieto di eredità dei beni di Annamaria.

Alla lettura del durissimo dispositivo Di Nunzio, difeso dagli avvocati Calogero Talluto e Alessandra Baldassarre, si è sfogato in pianto, con voce rotta dalla disperazione. Girandosi in aula ha poi mostrato un pugno e uscendo ha cercato di divincolarsi dalla sicurezza, al limite della caduta. Agenti della penitenziaria e carabinieri lo hanno fermato e tranquillizzato.

I figli, qualcuno ha pianto, hanno sempre mantenuto un atteggiamento di grande dignità. Erano patrocinati dall’avvocato Elisabetta Merlino che ha chiesto un risarcimento di 300 mila euro a testa per i 5 figli: Josephine, Loana, Alnadona, Giuseppe e Nunzio.

L’altra parte civile, l’avvocato Pina Benedetti, per l’associazione antiviolenza Dafne ha chiesto invece danni simbolici per mille euro. A fine arringa il difensore Talluto ha chiesto per Di Nunzio l’assoluzione piena o per mancanza di prove. Ha definito: “Suggestiva la ricostruzione del pm. Nessun forte indizio, ma è necessaria la certezza della dinamica dei fatti, non supposizioni, congetture e teorie”.

Nel commento a caldo l’avvocato Talluto dice: “Accetto le sentenze ma si possono criticare, lo potremo fare con l’appello. Pena non esagerata voglio vedere se riusciranno a giustificare determinate circostanze. Come una persona normale possa uccidere in un minuto e mezzo. Il pm ha cambiato gli orari rispetto alle risultanze del suo perito. La difesa ha fatto quello che doveva fare evidenziando le incongruenze emerse dagli atti. Di Nunzio deciderà se confermarci o cambiare difesa. Con le motivazioni si tireranno le somme per l’appello. Naturale che l’imputato fosse sconvolto da una condanna di ergastolo. Se si ritiene innocente come deve reagire, certo non festeggia”.

Merlino aggiunge: “Per i figli il processo è stato un momento di dolore trasformato in energia per capire cosa fosse successo nella casa dei genitori. La sentenza consegnata è un nuovo lutto e ognuno, in base alla propria persona, deciderà cosa fare anche nel rapporto col padre. Necessario del tempo per rielaborare”. Benedetti, che si è detta convinta degli elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, ha detto: “Annamaria è stata uccia. Un femminicidio. Tipo di reato che trova il suo substrato ancora nella cultura patriarcale che, purtroppo, fatica a scomparire nella nostra società”. 13 lug. 2025

WALTER BERGHELLA 

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