È stata depositata oggi l’istanza per la discussione del giudizio d’appello per il rientro in Italia dello skipper 54enne di Pescara Carlo D’Attanasio, detenuto da 4 anni in Papua Nuova Guinea con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
L’istanza, preparata dagli avvocati difensori di D’Attanasio presso il giudice papuano David Cannings, l’avvocato David Dotaona di Port Moresby e l’avvocato Mario Antinucci di Roma, arriva dopo che lo scorso 3 dicembre la suprema corte di giustizia della Papua Nuova Guinea aveva ammesso il giudizio sulla misura straordinaria dell’immediato trasferimento di D’Attanasio in Italia. All’aggravarsi delle sue condizioni di salute però, non sarebbe coincisa una pronta risposta positiva della corte di giustizia papuana che, dopo l’iniziale distensione, avrebbe deciso di prendere ulteriore tempo allungando ulteriormente le tempistiche decisionali.
Ora la palla è passata ai giudici papuani quindi, che dovrebbero definire entro gennaio 2025 il rientro con trasferimento in Italia del cittadino pescarese che avverrà, con tutta probabilità, presso il reparto sanitario del carcere giudiziario di Rebibbia a Roma, da dove sarà ricoverato in una struttura sanitaria specializzata per essere sottoposto ad un delicato intervento chirurgico e alle successive cure del caso.
Ma cosa è accaduto allo skipper pescarese e per quale motivo è detenuto in Papua Nuova Guinea?
Nel 2019 Carlo D’Attanasio decide di lasciare tutto e partire per intraprendere un viaggio intorno al mondo in barca a vela. Parte con una piccola imbarcazione a vela da San Pedro del Pinatar (Spagna), arriva alle Canarie, poi rotta per i Caraibi. Attraversa il Canale di Panama e si ritrova in mezzo all’Oceano Pacifico quando il Covid-19 inizia ad essere tristemente conosciuto dal mondo ma non da lui che, da solo in mezzo ad una distesa di azzurro, necessita di rifornimenti decidendo quindi di fare scalo prima alle Hawaii e poi, nel marzo 2020 in un porto della Papua Nuova Guinea.
Il 26 giugno 2020 D’Attanasio è ancora sull’isola quando in un’altra località avviene l’incidente di un aereo di piccole dimensioni diretto nella vicina Australia, che perde il controllo e si schianta appena dopo il suo decollo. Le forze dell’ordine giunte sul luogo dell’incidente rinvengono tra le lamiere circa 611 chili di cocaina. Il pilota dell’aereo si costituisce e vengono arrestati con lui altri due papuani che accusano D’Attanasio, pur senza fare mai direttamente il suo nome, di aver trasportato e consegnato la cocaina fino in Papua Nuova Guinea.
Dopo l’incarcerazione nel 2020 e la dura detenzione in pessime condizioni igienicosanitarie all’interno di uno dei centri carcerari papuani che, fino a qualche anno fa, erano considerati tra i peggiori al mondo come il tristemente noto “Bomana” nel distretto di Port Moresby, arriva la notizia nel 2023: Carlo ha un tumore con metastasi al colon di 10 centimetri.
“Un anno fa avevamo lanciato un primo appello poiché Carlo era gravemente malato di cancro con metastasi al colon – dichiara Carola Profeta, presidente dell’associazione FA.VI.VA. - necessitava di cure mediche immediate, e nonostante la firma per l'estradizione umanitaria da parte del Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, datata aprile 2023, è stato trattenuto in Papua Nuova Guinea.”
La totale assenza di un patto bilaterale tra l’Italia e la Papua Nuova Guinea però non consente di instaurare alcun tipo di accordi sull’estradizione da un paese ad un altro durante il periodo di incarcerazione di un cittadino appartenente ad uno dei due stati. A quel punto entrerebbero in vigori ulteriori fattori internazionali che avrebbero portato alla richiesta attuale e in via di approvazione del “rimpatrio umanitario”. Intanto la situazione peggiora ulteriormente quando in data 20 dicembre 2023 i giudici papuani condannano Carlo a 19 anni di carcere e nel frattempo le sue condizioni di salute si aggravano a tal punto da necessitare il ricovero immediato presso l’ospedale di Port Moresby.
Ancora oggi D’Attanasio vuole ricorrere in appello per proclamare a gran voce la totale estraneità ai fatti di cui è accusato, dopo aver visto la sua vita passare da immensi spazi d’acqua color turchese e smeraldo a strette pareti grigie da condividere con centinaia di sconosciuti. Unica conosciuta ora è la sua malattia che si aggrava giorno dopo giorno e che prende forza da questa vicenda giudiziaria che si connota per la forte presenza di dubbi e per la ancor più forte assenza di diritti fondamentali dell’essere umano. 20 dic. 2024
MARIANO PELLICCIARO
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