Sanità pubblica: l'Abruzzo inadempiente sui livelli essenziali di assistenza. In 160mila hanno rinunciato a cure

L’Abruzzo continua a occupare le ultime posizioni nella classifica nazionale sulla sanità pubblica. L’ottavo rapporto della Fondazione Gimbe certifica, ancora una volta, lo stato di inadempienza della Regione sui Livelli essenziali di assistenza (Lea) – le prestazioni garantite gratuitamente o tramite ticket dal Servizio sanitario nazionale – con un punteggio complessivo di 182 su 300, due punti in meno rispetto al 2022.

L’Abruzzo è 18ª tra le regioni e province autonome, risultando insufficiente in due delle tre aree monitorate dal Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg): prevenzione collettiva e sanità pubblica e assistenza distrettuale.

Un dato che preoccupa ancora di più se si considera che nel 2023 la regione ha ricevuto 2.132 euro pro capite dal Fondo sanitario nazionale (Fsn), in aumento di 88 euro rispetto al 2022, un incremento superiore alla media italiana (+71 euro). In termini assoluti, la dotazione complessiva ammonta a 2.214 euro pro capite, leggermente sopra la media nazionale di 2.181 euro.

Sul fronte del personale sanitario, la situazione appare meno critica ma non priva di squilibri: 12,6 unità ogni 1.000 abitanti (media italiana 11,9), con 2,17 medici dipendenti e 5,12 infermieri ogni 1.000 abitanti. Tuttavia, il rapporto medici-infermieri (2,36) resta inferiore alla media nazionale (2,54), segnalando un problema di equilibrio nella distribuzione delle risorse umane.

Più grave la situazione relativa all’attuazione del Pnrr sanitario: secondo i dati Agenas aggiornati al 30 giugno 2025, nessuna delle 42 Case della comunità programmate in Abruzzo risulta attiva, mentre le centrali operative territoriali sono pienamente funzionanti. Per gli ospedali di comunità, su 15 previsti, solo 6 (pari al 40%) risultano effettivamente operativi.

A questi numeri si aggiungono quelli della mobilità sanitaria, che nel 2022 registra un saldo negativo di 104,1 milioni di euro, a testimonianza della crescente fuga dei pazienti verso le strutture di altre regioni, soprattutto del Nord. Le strutture private accreditate abruzzesi coprono il 43,9% del valore della mobilità attiva, contro una media nazionale del 54,4%.

Sul piano nazionale, la Fondazione Gimbe segnala che solo 13 regioni rispettano i Lea, e che la spesa sanitaria pubblica nel 2024 è scesa al 6,3% del Pil, ben al di sotto della media Ocse. Cresce invece la spesa privata, con oltre 5,8 milioni di italiani che hanno rinunciato a una o più prestazioni sanitarie.

In Abruzzo, il quadro è ancora più drammatico: secondo Gimbe, 160.000 cittadini hanno rinunciato a curarsi (contro i 120.000 del 2023), e la regione è la seconda in Italia per percentuale di pazienti che abbandonano le cure (12,5%).

Durissima la reazione del Partito Democratico, che punta il dito contro la giunta regionale guidata da Marco Marsilio. “Il nuovo rapporto Gimbe ci consegna un quadro impietoso e profondamente allarmante dello stato di salute del Servizio sanitario regionale e nazionale – dichiarano il capogruppo del Pd in Consiglio regionale Silvio Paolucci e il segretario regionale Daniele Marinelli –. Anni di definanziamento, scelte sbagliate e incapacità di programmazione stanno smantellando progressivamente un sistema pubblico nato per garantire un diritto costituzionale: quello alla tutela della salute. E il prezzo più alto lo stanno pagando i cittadini, costretti ad affrontare liste d’attesa interminabili, a rivolgersi al privato o addirittura a rinunciare alle cure.”

Paolucci e Marinelli sottolineano che “l’Abruzzo resta inadempiente per i Lea, ha potenti ritardi sulle Case della Comunità, e un governo regionale che continua a tassare la collettività per coprire i deficit sanitari, con il secondo aumento delle imposte disposto da Marsilio in arrivo”.

I due esponenti del Pd evidenziano anche il contesto nazionale: "Il rapporto della Fondazione certifica il crollo della spesa sanitaria pubblica e l’aumento della spesa a carico delle famiglie. In Abruzzo, i cittadini che rinunciano alle cure sono passati da 120.000 a 160.000, siamo la seconda regione d’Italia per abbandono delle prestazioni sanitarie. È una situazione aggravata da una governance regionale incapace di affrontare le criticità strutturali del sistema, con la mobilità passiva in crescita, Lea insufficienti e fuga del personale sanitario".

Si chiede un’inversione di rotta: "Serve un cambio di passo radicale – concludono Paolucci e Marinelli –. Bisogna varare un piano straordinario di rifinanziamento del sistema sanitario pubblico e una programmazione regionale seria, che investa su personale, strutture, medicina territoriale e digitalizzazione. La salute non può più essere trattata come una voce di spesa da comprimere, ma come un investimento strategico per il futuro del Paese e della nostra regione". 08 ott. 2025

@RIPRODUZIONE VIETATA

totale visualizzazioni: 1083

Condividi l'Articolo