La 'ndrangheta aveva messo radici in Abruzzo, in particolare in provincia di Chieti, dove faceva buoni affari. L'organizzazione aveva
a capo Simone Cuppari,
36 anni, di origini calabresi, da tempo residente a Francavilla al Mare (Ch), rmessa questa mattina in subbuglio da un'operazione che ha smantellato la cellula mafiosa. L'uomo è stato rinchiuso in prigione. L'operazione, ribattezzata 'Design', è stata condotta dai carabinieri di Chieti che
hanno indagato per due anni, e coordinata dalla Direzione
distrettuale antimafia di L'Aquila. In 15 sono finiti in manette (sei in carcere e nove ai domiciliari), mentre quattro indagati sono ancora ricercati; 36 complessivamente gli inquisiti e beni per 10 milioni di euro sequestrati. I reati contestati sono
associazione per delinquere di stampo mafioso, con l'aggravante
di essere associazione armata; associazione per delinquere
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentato
omicidio, detenzione illegale di armi da fuoco, estorsione,
usura, incendio di esercizio pubblico e di autovettura e
intestazione fittizia di beni, con l'aggravante di essersi
avvalsi dei metodi mafiosi.
Stando alla ricostruzione dei carabinieri, che hanno illustrato indagini e arresti in una conferenza stampa
con il comandante provinciale, colonnello Luciano Calabrò e il
comandante del reparto operativo, tenente colonnello Erminio
Sacco,il gruppo aveva un fiorente canale di
approvvigionamento, con ingenti quantità di cocaina che giravano, nel gruppo
di affiliati alla 'ndrangheta in Lombardia, a loro volta
riconducibili alle famiglie della 'Locale di Platì'.
Lo stupefacente dalla Lombardia giungeva in Abruzzo e finiva sul
mercato delle zone di Chieti e Pescara. I proventi dello spaccio
venivano reimpiegati nell'acquisizione di attività commerciali
nel settore della raccolta di scommesse elettroniche e nella
ristorazione, e in episodi di usura a danno di piccoli
commercianti e imprenditori in difficoltà pretendendo da
essi interessi esorbitanti: in un caso a fronte di un prestito
di 20.000 euro, la vittima ne doveva restituire, dopo un
mese, 40.000 vedendosi costretto, nell'arco di pochi mesi, a
pagare oltre 220.000 euro dietro minacce, incendi di negozi e di
autovetture. I profitti venivano in parte,
reimpiegati in attività imprenditoriali in Calabria, come nel
commercio di autoveicoli e nella realizzazione di villaggi
turistici di grandi dimensioni. I controlli hanno portato al sequestro di 4 società fra le province di Chieti, Pescara e
in Calabria, che gestivano rivendite di auto online e raccolte
di scommesse ma anche bar e pizzerie. Inoltre sono stati sequestrati, per un equivalente di 6 milioni di euro, quote di una società
proprietaria di un villaggio turistico in Calabria. 21 febbraio 2017