“Buongiorno miei signori, diamo a voi il nostro augurio. Apprestatevi a far dono per omaggio a sant’Antonio e che da pericoli, mali e lampi, sant’Antonio ce ne scampi”.
Sant’Antonio abate, protettore delle “bestie e delle stalle”, preservatore dai pericoli d’incendio è sia tra i santi più venerati in molte regioni italiane, sia il monaco più illustre della chiesa antica.
La notte tra il 16 e il 17 gennaio è dedicata al buon religioso anche se, in genere, si entra nel clima festivo almeno sette giorni prima. In molti paesi allegre brigate vanno di casa in casa intonando filastrocche, il cui testo è differente nei vari territori, suonando lo “ddu botte”, simile ad una fisarmonica, arnesi da cucina e onorando il santo con recite che lo ritraggono vittorioso sulle tentazioni del demonio. La visita, da sempre, si conclude con la richiesta di ghiotte leccornie di suino… lonze, salsicce, prosciutti, salami e un buon bicchiere di vino.
Perchè? Non è un caso che ad essere richieste siano cibarie porcine, giacché il culto è specialmente sentito nel mondo contadino e gennaio è, per antonomasia, il mese in cui si macella il maiale; inoltre sant’Antonio in tutte le effigi che lo ritraggono, dai santini sino ai quadri d’autore, è dipinto con un maialino.
In alcuni borghi, in Abruzzo, in questi giorni c'è anche l'accensione di farchie, canne e si svolgono riti di purificazione legati al fuoco, come quello (vedi foto) di Fara Filiorum Petri (Chieti).
L’origine medievale
La tradizione popolare ha le sue origini nel medioevo. Quando nelle case regnavano la fame e la carestia, il giorno consacrato al generoso santo era il pretesto per recarsi in quelle dimore ove si pensava che la scorta di viveri fosse ancora abbondante, per cercare di mitigare i morsi della fame.
Nato nel III secolo avanti Cristo nel cuore dell’Egitto, Antonio fu eremita nel deserto vivendo per 106 anni in compagnia di soli animali e ricevendo di tanto in tanto la visita della Chiesa con i suoi fedeli, richiamati dalla straordinaria avventura spirituale. Così pellegrini, monaci, sacerdoti, vescovi, infermi e bisognosi accorsero, indifferenti alla fatica del viaggio, per ricevere conforto da lui. Lo stesso imperatore Costantino, si tenne in continuo contatto con il santo anacoreta.
Si era diffusa la convinzione che l’eremita dalla lunga barba bianca fosse in grado, con la propria intercessione divina, di guarire dall’herpes zoster, ovvero il fuoco di sant’Antonio, lo sfogo che oltre a terribili bruciori provocava angosciose visioni da delirio.
Il Santo nel folcklore
Nella tradizione inoltre il santo, patrono delle categorie dei macellai, dei salumieri e dei canestrai, è considerato il vendicatore delle donne offese, confidente delle fanciulle che cercano marito, protettore degli animali. Proprio per questo nelle campagne, un tempo, in ogni stalla era presente un suo santino.
I personaggi chiave delle rappresentazioni dei sant’Antoni, sono il monaco vestito di una tela di sacco, con un cappuccio che di solito gli copre il viso, seguito da una schiera di fraticelli. Generalmente l’attore improvvisato che si assolda per interpretare il protagonista è piuttosto esile nell’aspetto e dovrebbe possedere senso del ritmo, visto che di tanto in tanto la pantomima è intervallata con stacchi musicali, e lui deve battere il tempo con il suo bastone.
Al contrario l’interprete del demonio deve essere alto e robusto, agghindato con grosse corna, dipinto in volto di nero o di rosso, con un mantellaccio e un grosso forcone, con il quale, una trentina di anni fa, era solito afferrare le campanelle di salsicce appese sulle travi della cucina.
Un terzo giovane è vestito da fanciulla che segue il monaco con movenze licenziose e rappresenta Satana tentatore di lussuria.
Un quarto figurante tratteggia san Michele arcangelo, con la spada sguainata, accorso in aiuto di Antonio.
Dopo alcune simulazioni di lotta, tra mille insidie, Sant’Antonio riesce a vincere Lucifero facendo trionfare il bene sul male e proiettando sui presenti una visuale ottimistica. E ancora balli e suoni, canti e cibo, allegria e spensieratezza.
Il pane benedetto verso il Carnevale
Il fare burlesco delle varie rappresentazioni va ricondotto all’imminenza del periodo carnevalesco, ove le consuete regole sociali, sono notoriamente ribaltate come si desume dal celebre detto “A carnevale ogni scherzo vale”.
Un altro rituale che si svolge in questi giorni è quello dei panini benedetti di sant’Antonio, da acquistare la mattina del 17 gennaio. Gli smemorati, nella stessa giornata devono recitare un ritornello mangiando il pane: “Sant’Antonio abate con le scarpe ricamate, col vestito di velluto, fammi ritrovare ciò che ho perduto”, sostituendo di volta in volta alla parola “ciò” il nome preciso dell’oggetto da ritrovare.
Non resta che informarci dove questa usanza è ancora in voga, per recarci in quei piccoli paesi dove le tradizioni di un tempo sono ancora vive e sono come un filo conduttore, tra passato, presente ed avvenire… 16 gen. 2025
CONNY MELCHIORRE
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