Cultura. 'Il cinema a Borrello' è il nuovo libro di Argentino D'Auro
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Il cinema come strumento di aggregazione, come fulcro di una collettività, nei ricordi di un bambino, di chi ha potuto cioè godere del "grande schermo" in una dimensione infantile, e dunque magica, pregna di significati mitici.

È il senso de “Il cinema a Borrello”, un libricino scritto da Argentino D’Auro (vedi foto), originario di Borrello (Ch), che ha al suo attivo anche altre pubblicazioni dedicate all’arte e alla vita della piccola comunità, e che in poche pagine è riuscito a ricostruire il clima del borgo della Val di Sangro all’epoca del cinema pubblico, in un periodo storico in cui non si era ancora attuata la fase di spopolamento che ha quasi azzerato la vita comunitaria delle nostre montagne.

E ciò quasi a giustificare l’illusione dell’autore che, piccolo, che vedeva per il proprio paese un futuro radioso. Poi, ad alimentare illusioni e sogni, giunse nella comunità e nella vita paesana di Borrello il cinema. Si trattava di un appuntamento per tutta la popolazione e la stessa attesa della proiezione, come ricorda l'autore, rappresentava un avvenimento. Poi sarebbe arrivata la Tv e la gente si sarebbe rinchiusa nelle case.

Il cinema di Borrello, dunque, nella descrizione di D’Auro, oltre a fattore di coesione, rappresentava un potente stimolo all'immaginazione e alla fantasia. Queste qualità di incanto ed esaltazione collettiva, nel breve trattatello di D’Auro, vengono esaltate fino a coinvolgere il lettore nella nostalgia con cui l'autore conclude il suo libro, nostalgia per un passato irrimediabilmente perduto, il passato di una innocenza popolare che forse non potrà essere recuperata, ma che D’Auro ha saputo difendere come ricordo e come patrimonio di civiltà e cultura.

Perché il cinema a Borrello, secondo l’autore, non era solo luogo del sogno, delle illusioni, il trampolino di lancio verso vite ideali in cui proiettarsi e attraverso cui alimentare la propria esistenza, era anche, e soprattutto, luogo della concordia civile e sociale, luogo in cui alimentare valori condivisi. Valori sì presi dall’industria culturale, spesso desunti da Hollywood e dalla sua grande costruzione simbolica, tuttavia, una volta rielaborati nell’ambito della cultura locale ancora arcaica e contadina, essi, quei valori, davano origine a sistemi mitici e collanti potenti, anelli di congiunzione delle individualità che in seguito si sono formate.

Il libricino di D’Auro dunque non è solo un’esaltazione di una stagione unica come quella del cinema in un paesello della provincia d'Abruzzo, ma rappresenta anche il riferimento al canto del cigno di un’intera civiltà, la civiltà contadina e del suo acuto finale dato proprio traverso l’accostamento alle prime forme dell’industria culturale.

Marco Tabellione

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