Fossacesia. Il Tar 'salva' il trabocco 'Pesce Palombo'

Lo storico trabocco "Pesce Palombo", tra i più belli della costa, situato a Fossacesia (Ch), in uno scenario da incanto, tornerà ad animarsi. Il Tar di Pescara, infatti, con sentenza 228 del 7 luglio scorso, "salva" l'antica macchina da pesca e la restituisce alla famiglia di Bruno Verì, che la gestisce da 21 anni. 

La struttura al centro del contenzioso è chiusa da circa due anni, da quando, il 25 luglio 2018, a seguito di sopralluogo della Capitaneria di porto, vi sono state scovate, come è successo nella maggior parte dei trabocchi del litorale, irregolarità edilizie. "Opere... eseguite in assenza di permesso a costruire e in totale difformità dalla concessione edilizia del dicembre 1999, dall’autorizzazione paesaggistica del  '97, dal parere della Soprintendenza Beni ambientali e artistici del' '97, e dalla concessione demaniale marittima del '99". A seguito di ciò il responsabile del Settore Urbanistica ed edilizia del Comune di Fossacesia ha emesso, dopo istruttoria, un provvedimento di "decadenza dalla concessione demaniale marittima" notificato il 16 gennaio 2009. I giudici parlano di trabocco originario "trasformato ed ampliato con consistenti aumenti di superficie e copertura in assenza di permessi": è passato da 25 a 250 metri quadrati. "Pertanto il rango e la natura primaria dei valori e degli interessi tutelati giustificano... la misura" adottata dal Comune che, prima di arrivare a decretare la decadenza dalla concessione, ha inviato, il 26 luglio 2018, una diffida, rimasta inizialmente disattesa, per il "ripristino dello stato dei luoghi, e poi, il 14 settembre 2018, l’ordine di demolizione...". 

Diverso atteggiamento, stabilisce il Tar, il Comune, assistito dal legale Alessandro Di Sciascio, avrebbe dovuto tenere quando il ricorrente ha "fatto presente che aveva provveduto ad ultimare i lavori di demolizione per la parte del trabocco eccedente la superficie massima consentita e che la Regione Abruzzo era intervenuta con la legge regionale 7 del 2019, regolamentando ex novo il quadro normativo in materia". C'è stato anche un diniego di sanatoria da parte degli enti pubblici. 

Verì, dopo che il Comune "ha respinto la richiesta di revoca o annullamento in via di autotutela", ha impugnato la decadenza della concessione e ha presentato ricorso contro di essa, schierando, tra l'altro, uno stuolo di avvocati: Raffaello Carinci, Aldo La Morgia, Stefano La Morgia, Diego De Carolis ed Eugenio Galassi. "La contestazione relativa all’aumento di superficie - scrivono i giudici del Tribunale amministrativo regionale - è di competenza della Sovrintendenza e non del Comune. La struttura dei trabocchi - spiega - non può essere equiparata ad una costruzione edilizia, quanto al rapporto di cubatura, indici di fabbricabilità ecc., non essendo possibile in anticipo prevedere la sua effettiva dimensione e sapere quali interventi saranno necessari per rimediare all’inevitabile erosione provocata dalle correnti marine...". 

"Privo di fondamento - rileva ancora - è poi l’eccepito contrasto" con norme "del vigente Piano demaniale comunale ove si consideri che il trabocco con l’estensione massima in contestazione esisteva già nel 2010, come si evince dal certificato catastale del diritto di superficie, e dalla relazione tecnica, quindi in epoca anteriore all’entrata in vigore, nel 2014, del Piano demaniale. Pertanto l’amministrazione non ha tenuto conto che l’abuso non poteva essere considerato tale poiché realizzato in assenza di specifica disciplina...". In aiuto alla famiglia Verì è intervenuta anche l'ultima legge regionale, dello scorso anno. Essa prevede - come riportato dal pronunciamento del Tar - che sui trabocchi si svolga "l'attività di ristorazione... in relazione all'effettiva esigenza dei flussi turistici e delle visite didattico-culturali provenienti dal territorio regionale ed extra regionale". E' definita "una superficie complessiva di occupazione massima di 2.000 metri quadrati comprensiva di specchio acqueo e strutture componenti il trabocco", che è  "elemento essenziale della tradizione locale". La parte di struttura destinata a ristorazione e aperta al pubblico non può eccedere la superficie di 160 metri quadrati calpestabili e la parte destinata ai servizi accessori, quali cucina e servizi, non può eccedere la superficie di 50 metri quadrati. L'attività di ristorazione può essere svolta con un'accoglienza massima di sessanta persone, inclusi ospiti e personale".

 “Sono contento - commenta Bruno Verì -. Andremo avanti ora richiedendo tutte le autorizzazioni necessarie per adattarci alla nuova legge regionale. Ci auguriamo di ripartire presto". Certo, l’iter che porterà al ripristino  della struttura, non sarà breve. Ma, intanto, i proprietari di "Pesce Palombo", quest’estate hanno realizzato, sul lungomare sud, l'omonimo stabilimento balneare che in questi giorni sta entrando a regime.

Serena Gannico

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Foto Filippo Scioletti

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