Omicidio Umberto Ranieri. Ris in cerca del dna dell'assassino. Fiaccole e targa sul luogo dell'omicidio
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Una sfera di fiori e la luce delle fiaccole. Sit in, nell'ultimo fine settimana, a Roma, nel luogo dove è stato ucciso, in Largo Preneste. In tanti, familiari compresi, hanno chiesto "Verità e giustizia per Umberto Ranieri", pittore e performer, di 55 anni, originario di Paglieta (Ch) e ammazzato nella capitale. Dove viveva da decenni e dove, il 17 marzo scorso, è stato aggredito e colpito con ferocia da un gruppo di giovani. E' deceduto il 20 marzo, nel reparto di Rianimazione dell'ospedale San Giovanni, per le gravissime lesioni alla testa.

E stamane, nella caserma di Tor di Quinto, incidente probatorio per eseguire accertamenti biologici urgenti e irripetibili sui reperti rinvenuti sul luogo del delitto e acquisiti dagli investigatori: cicche di sigarette, semi mozzicati di girasoli, lattine, una bottiglia di birra. Il materiale, che servirà per cercare impronte e dna degli autori dell'omicidio, sarà vagliato ora dal Ris (Reparto investigazioni scientifiche) dei carabinieri. A rappresentare la famiglia della vittima c'era l'avvocato Giacinto Ceroli. "Gli accertamenti proseguono senza sosta - dichiara il legale -. Speriamo, al più presto, in una svolta".

"Un assassinio su cui è caduto il silenzio - affermano gli amici -. Chiediamo che i colpevoli vengano presi". Ceri e cartelli, che chiedevano che sia fatta luce sulla sua drammatica fine, per commemorare Ranieri, in arte Nniet Brovdi. E poi quella targa affissa su un cancello, donata in memoria e che lì rimarrà: "Non c'è cura per la nascita/né per la morte/. Tu hai cercato/ di goderti l'intervallo. Ciao Niet". L'iniziativa è stata promossa dai comitati dei quartieri di Tor Pignattara e di Pigneto Prenestino, i cui residenti si dicono ancora sconvolti per l'accaduto. Ranieri, da quanto risulta dalle testimonianze, sarebbe stato ucciso per una bottiglia di birra vuota... Alcuni ragazzi l'avevano buttata a terra e lui: "C'è un cestino, non potete metterla lì?" Frase che avrebbe suscitato la loro ira: l'hanno colpito a morte e lasciato agonizzante sul cemento.

"Essere nei luoghi dove è vissuto, in mezzo alla gente che l'ha conosciuto, sentirne parlare è stato emozionante - racconta la zia, Maria Addolorata Ranieri -. Speriamo che ora chi passa per quella piazza e legge quei cartelli si commuova e, se ha visto, sia spinto a parlare. Anche un minimo particolare può essere importante, e ciò che è insignificante per qualcuno può, invece, essere fondamentale per le indagini. Quando sono ripartita - aggiunge - ho guardato intensamente e a lungo quel posto come a cercare qualcosa.... O qualcuno... Umberto che non c'è più. Siamo anche passati a casa - evidenzia - che sembra un museo. C'erano li per terra i suoi vestiti tagliati dai medici del Pronto soccorso e ancora macchiati di sangue. I pantaloni a quadri scozzese rossi e neri, maglietta nera, la spilletta della pace sul giubbino... tutto l'abbigliamento curato nei minimi particolari, come di consuetudine. E poi i suoi dischi in vinile, le campane, i suoi anelli, le diverse  corone del rosario appese al muro, tutto sistemato in un certo modo e curato nei minimi particolari, come solo un artista può fare".

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