Lanciano. 18enne in coma dopo pugno. Il 13enne: 'Sono stato io, ma sono stato provocato'

Ammette le proprie responsabilità, ma puntualizza di essere stato provocato.

"Mi sono sentito minacciato e ho reagito tirando un pugno a Giuseppe D’Astolfo, che poi è caduto a terra": così il tredicenne, di etnia rom, su cui pende l'accusa di lesioni gravi, ha ammesso le proprie responsabilità. Ha riferito che è stato lui a mettere ko il 18enne finito in coma all’ospedale di Pescara per fratture ed emorragia alla testa. In ogni caso sono in corso indagini per accertare che non stia  cercando di coprire altri, che potrebbero far ricadere la colpa su di lui che, per l'età che ha, non è imputabile.  

Il tredicenne  è stato sentito ieri sera dai carabinieri di Lanciano, dove si è presentato spontaneamente, accompagnato dal difensore Vincenzo Menicucci, per fornire la propria versione dei fatti sulla violenta serata di sabato scorso, 17 ottobre, nell'area dell’ex stazione Tua-Sangritana di Lanciano. Dove c'era un centinaio di ragazzi. 

Dopo la sua testimonianza, questa mattina, è scattata una raffica di perquisizioni domiciliari, disposte dalla Procura di Lanciano, durante le quali sono stati acquisiti anche i telefoni degli altri quattro indagati in concorso e di alcuni loro famigliari, per verificare l’attendibilità delle parole del tredicenne. Il caso vede coinvolti, in veste di inquisiti, altri due minori di 14 anni e due maggiorenni, di 18 e 30 anni. Appartengono a tre distinte famiglie rom di Lanciano, con cognomi diversi.

Nel suo racconto, il tredicenne ha precisato che tutto è nato per colpa della 16enne e del 25enne dominicano che accompagnavano la vittima. Era, infatti, un gruppetto di tre. Lei avrebbe detto ai due amici che i ragazzi rom seduti vicini volevano picchiarli. "I due maschi – ha aggiunto il tredicenne - si sono poi avvicinati e hanno esclamato: 'Non fai paura a nessuno. Se parti prima tu, poi partiamo anche noi'. Io, dopo, ho reagito col pugno. Mentre andavo via ho schivato di striscio un colpo che mi ha sferrato il dominicano e io ho poi cercato di colpirlo a mia volta, mentre la 16enne mi ha preso per il collo. Per paura sono scappato. Dopo mezzanotte ho cercato di contattare la ragazza che ha chiuso il telefono e mi ha mandato un messaggio con su scritto: 'Quello che è successo è anche un po' colpa mia' ".

Telefonate e messaggi intercorsi quella notte tra i vari protagonisti della terribile e confusa vicenda, che pare si conoscessero tutti, vanno ora controllati. Anche perché sulla serata ci sono altre versioni, contrastanti.

Sulle gravissime condizioni di salute di Giuseppe, la madre del tredicenne, si è detta vicina al dolore della famiglia, precisando che il figlio pagherà per le proprie responsabilità. L’avvocato Menicucci commenta: "Non fomentare inutilmente l’odio razziale. Il minore si è fatto spontaneamente avanti prima ancora che uscissero le responsabilità e non appena ha ricollegato che il 18enne ferito era quello a cui aveva dato il pugno, e l’ha subito detto alla madre. In caserma è andato per collaborare all’accertamento della verità".  22 ott. 2020

Walter Berghella 

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Nella foto il luogo dell'aggressione

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