'Il disastro di Rigopiano di poteva evitare. Se la strada fosse stata liberata dalla neve... Se ci fosse stata la Carta valanghe...''

Se la strada che portava all'Hotel Rigopiano a Farindola (Pe), la provinciale 8,  "fosse stata liberata dalla neve, la mattina del 18 gennaio 2017, quando gli ospiti e i dipendenti tentarono invano di abbandonare l'albergo, gli eventi morte e lesioni non si sarebbero verificati. E comunque, l'intervento dei soccorsi avrebbe potuto essere più veloce". Invece la via non fu sgomberata e lì, intrappolati, morirono in 29. 

E' uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza, di 158 pagine, depositata oggi, con cui la Corte di Cassazione, lo scorso 3 dicembre, ha disposto un appello per bis per dieci imputati per il disastro di Rigopiano. I supremi giudici inoltre sottolineano che la disponibilità di mezzi spazzaneve "avrebbe dovuto essere monitorata": "l'assicurazione della viabilità delle strade e quindi la tutela dell'incolumità delle persone, non può che passare attraverso la pronta disponibilità degli strumenti a ciò necessari".

Un altro punto cruciale è quello che riguarda la mancata realizzazione della Carta valanghe. La Corte spiega che senza di essa "non si poterono attivare i meccanismi volti a neutralizzare o ridurre il rischio. La mancata redazione della Carta incise - insiste il verdetto - quindi, precludendola, sull'attuazione e poi sull'attivazione dei successivi meccanismi di previsione e prevenzione del rischio. L'identificazione di Rigopiano tra i siti valanghivi avrebbe consentito, o almeno reso più agevole, anche per gli organi di Protezione civile diversi dalla Regione, la percezione del pericolo in condizioni meteorologiche avverse, spingendoli ad attivarsi e ad adottare le misure atte a contenere il rischio per le persone che si trovavano nell'albergo''.

Questa omissione ha avuto una ancor più grave conseguenza, visto che "ove la Carta valanghe fosse stata redatta, sarebbe stata compilata e divulgata anche la successiva Carta dei rischi locali delle valanghe, il che implica che non sarebbero stati concessi permessi a ristrutturare un albergo creando un centro congressi e una spa, tra il 2006 e il 2007, o che si sarebbero comunque introdotte misure volte a scongiurare il rischio, come il divieto di utilizzazione della struttura nei mesi invernali, che sono quelli interessati dal pericolo valanghe".

Per la Corte dunque "era possibile e anche dovuto" prevenire il disastro di Rigopiano. "La prevenzione 'regina' per l'incolumità individuale e collettiva", vale a dire "l'identificazione di Rigopiano come sito valanghivo", dicono gli ermellini, "avrebbe dovuto attuarsi non a disastro naturalistico inverato" ma "precedere di molto l'evento" poiché "tale classificazione avrebbe comportato il divieto di accedervi oppure di utilizzare le strutture in esso presenti ovvero ne avrebbe imposto un uso disciplinato".

"Per la prima volta viene tracciata in modo inequivocabile una struttura piramidale nelle omissioni colpose che parte dai vertici della Regione Abruzzo e si propaga lungo la catena decisionale, coinvolgendo anche i tecnici regionali e gli organi preposti alla prevenzione, fino alle istituzioni provinciali e comunali'', dicomo gli avvocati Massimiliano Gabrielli e Alessandra Guarini, difensori di parte civile per le famiglie Di Biase e Caporale-Angelucci.   ''La mancata realizzazione della Carta di localizzazione del pericolo valanghe è stata identificata come l'omissione più grave, il nodo centrale di un sistema di inerzie e mancate azioni che hanno concorso fattivamente a determinare la tragedia. La Corte ha annullato per ciò le assoluzioni dei dirigenti regionali e disposto per loro un nuovo giudizio d'appello, riaffermando il principio della cooperazione colposa tra i vari livelli della pubblica amministrazione - aggiungono -. Questo significa che i funzionari non potranno limitarsi a scaricare le responsabilità sui politici, ma dovranno dimostrare di averli sollecitati adeguatamente affinché fossero adottate le misure necessarie alla prevenzione del rischio valanghivo".

"Fondamentale è anche il riconoscimento della distinzione tra le diverse responsabilità: mentre il sindaco di Farindola e i funzionari provinciali saranno riprocessati solo per omicidio colposo, i vertici regionali saranno dovranno rispondere del reato di disastro colposo. Questa distinzione ha un peso enorme - sottolineano i legali - il reato di omicidio colposo, a differenza del disastro colposo, è destinato a prescriversi prima ancora dell'inizio dell'appello bis, cancellando le uniche condanne finora ottenute nei primi due gradi di giudizio. La rivalutazione delle responsabilità per il disastro evita dunque il rischio di un colpo di spugna e assicura che il processo prosegua senza la scure della prescrizione. Inoltre, la Cassazione ha rimandato ai giudici di Perugia la valutazione dell'eventuale illegittimità costituzionale della normativa regionale sulla prevenzione del rischio valanghe, chiarendo che la carenza di risorse economiche e di personale non può essere una giustificazione assoluta per i tecnici regionali e la Corte avverte che le responsabilità politiche non sono scindibili da quelle tecniche: chi gestisce la macchina amministrativa deve garantire il funzionamento del sistema di Protezione civile e, in caso di deficit strutturali, è compito dei tecnici segnalare le criticità in modo adeguato e ripetuto. Questa sentenza - rimarcano - non è solo una conquista per le famiglie delle vittime, ma un chiaro segnale di responsabilizzazione per tutte le istituzioni e la politica. Rigopiano non è stata una fatalità, ma il risultato di una catena di omissioni finalmente delineate nella sua interezza e ci aspettiamo che il processo d'appello faccia piena luce su ogni singola posizione e affermi, una volta per tutte, il dovere inderogabile delle istituzioni di proteggere la vita umana".  11 mar. 2025

@RIPRODUZIONE VIETATA

totale visualizzazioni: 961

Condividi l'Articolo