Coronavirus. Val di Sangro. Trentotto di febbre, non viene fatto entrare in fabbrica e va a casa in bus

E' stato fermato due giorni fa, ad Atessa, ai cancelli della fabbrica metalmeccanica dove lavora. Aveva 38 di temperatura corporea, aveva quindi la febbre, che è stata rilevata dal termoscanner di cui l'azienda si è dotata. Non è stato per ciò fatto entrare nello stabilimento. 

Lui ha aspettato l'autobus con cui era arrivato e che, a fine turno, è ripartito per riportare a casa gli operai. "Con il rischio, in caso di positività al coronavirus, - denuncia in una nota la Fiom Cgil Chieti, con il suo segretario Alfredo Fegatelli - di contagiare altri lavoratori, sia all'andata che al ritorno". Perciò il sindacato ha inviato una lettera aperta al presidente della Regione, Marco Marsilio, e agli assessori Nicoletta Verì e Mauro Febbo, sottolineando che la ripartenza anticipata delle imprese "doveva e deve essere accompagnata da regole chiare" e misure che finora non sono state adottate.

"Non è pensabile - afferma Fegatelli - lasciare il compito alle aziende di attrezzarsi per tentare di limitare i contagi dentro i luoghi di lavoro e poi fuori dalle fabbriche non ci sono regole omogenee. La Regione si è chiesta come debba essere gestito il caso di un lavoratore che non viene fatto entrare  perché ha una temperatura superiore ai 37,5 gradi? Augurandoci che non sia così, ma se dovesse essere sintomatico potrebbe aver contagiato tutti quelli che erano sul pullman, all'andata e al ritorno. Se quel lavoratore avesse il Covid-19 e la risposta al tampone arriva dopo quindici giorni, come sta avvenendo in alcuni casi, immaginiamo cosa possa accadere e l’effetto domino che si può generare. Se la politica - aggiunge - ha deciso di riavviare una macchina così complessa, come la zona industriale della Val di Sangro, con lavoratori provenienti da altre regioni, tra cui Molise e Puglia, deve assumersi la responsabilità di organizzare e controllare la situazione, senza tralasciare nulla".

"Nel complesso - viene ricordato - solo il colosso Sevel e l'indotto  generano circa il 22% del Pil regionale". 

Per il segretario generale provinciale Fiom bisogna seguire il "modello Zaia" e quindi "sottoporre ad analisi sierologiche o a tampone" tutti i 10mila dipendenti dell'industria e dei servizi che quotidianamente si riversano in Val di Sangro. Questo "per non creare danni alla salute e per non mettere a rischio l'intero sistema produttivo".

Lapidaria la replica di Febbo: "Uscire da casa con febbre oltre 37.5 è vietato e penalmente perseguibile, tanto più se rischia di infettare migliaia di colleghi. Fiom - aggiunge - è ossessionata dal mantenere posizioni di retroguardia".

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