Abruzzo. Inchiesta viadotti a rischio... 'Al primo posto non c'era la sicurezza di ponti e automobilisti'

“Alcuni hanno dimostrato un'assoluta spregiudicatezza a compiere attività per contrastare le indagini”, come cancellare i file o, ancora, usare un disturbatore di frequenza per non farsi intercettare, o istruire ad arte i testimoni convocati dagli investigatori". Le condotte degli indagati sono “gravemente minatorie della sicurezza degli utenti della strada”, scrive il gip Angela Nutini del Tribunale di Genova nella sua ordinanza.

Perché al primo posto non c’era mica la sicurezza degli automobilisti e dei viadotti…, tutt’altro, il mantra era massimizzare i profitti. E per raggiungere profitti doc e mettere a rischio la vita degli automobilisti era necessario anche modificare, cancellare, nascondere i veri dati dei controlli sui viadotti gestiti dalla società Autostrade. Agli atti dell’'inchiesta bis sui report “ammorbiditi” ed “edulcorati” per non rivelare il vero stato di degrando di ponti e infrastrutture, inchiesta nata come costola di quella sul crollo del ponte Morandi il 14 agosto e che ha portato a tre arresti domiciliari e sei misure interdittive, ci sono retroscena da rabbrividire. Secondo la Procura di Genova anche dopo la morte di 43 persone si sarebbe continuato in Spea, la società che si occupa di controlli, e Aspi a modificare le carte.

I ponti-viadotti al centro di questa inchiesta bis sono il Paolillo sulla Napoli-Canosa (A16) e il Pecetti sull’A26, ma nell’inchiesta sono finiti anche manutenzioni e controlli “ammorbiditi” sul Moro, in Abruzzo, in territorio di Ortona- San Vito Chietino; sul Sei Luci e il Gargassa in Liguria e sul Sarno sull’A30. Quello abruzzese non è un ponticello e poco frequentato dagli italiani perché è situato lungo l’A14, in territorio di Ortona (Ch) ed è lungo 1.123 metri, costituito di 25 campate di 45 metri di luce, realizzato in calcestruzzo armato dall’impresa Vianini alla fine degli anni Sessanta.

Alcuni retroscena agli atti evidenziano una condotta non immacolata degli indagati, almeno secondo le carte della Procura perché in una conversazione del 20 novembre 2018 Andrea Indovino, dell'ufficio controlli strutturali di Spea, è con Giacobbi, e parlando dello stato del ponte Paolillo osserva: “Ma se esce il problema, poi diventa non più colposo, ma doloso. E a quel punto lì...”. Gli indagati ricevono anche pressioni dal direttore di tronco Marrone e così dalla relazione da inviare al Mit sparisce la discrepanza tra il progetto originario e quanto effettivamente realizzato. Come anche per il Pecetti emerge che pur di fare passare un carico straordinario, e non incorrere in penali, si altera la relazione sulla sicurezza dopo la rottura di un cavo della struttura. Per spiegare il motivo bastano le intercettazioni di Donferri: “Devo spendere il meno possibile - afferma - sono entrati i tedeschi, i cinesi... devo ridurre al massimo i costi e devo essere intelligente de portà alla fine della concessione...”.

L'inchiesta sui falsi report è una voragine. Tanto da scoprire un passaggio inquietante sul processo per il bus di Avellino precipitato da un viadotto nel 2013 causando decine di morti. Paolo Berti, all'epoca del crollo del ponte Morandi direttore Operazioni centrali di Aspi, ha mentito. In una intercettazione con Donferri manifesta il disappunto per essere stato condannato (5 anni e 10 mesi) lamentandosi che avrebbe potuto dire la verità e mettere nei guai altri. L'altro risponde “Tu hai ragione ma non è che se metti in galera anche un altro a te cambiava qualcosa. Fregatene! Aspettali al varco e pensa soltanto a stringere un accordo col capo”. Ohibò. Ripensamenti’ rimorsi di coscienza? A qualcuno qualcosa passa per la mente, un barlume di interrogativi arriva. È infatti l'indagato Andrea Indovino, dell'ufficio controlli strutturali di Spea, che si sfoga con una collega: “Non è possibile una superficialità così spinta dopo il 14 agosto vuol dire che la gente coinvolta non ha capito veramente un c...”. 

Ai domiciliari sono finiti Massimiliano Giacobbi (Spea), Gianni Marrone (Aspi, direzione VIII tronco) e Lucio Torricelli Ferretti (Spea). Interdetti per 12 mesi: Maurizio Ceneri (Spea), Andrea Indovino (Spea), Luigi Vastola (Aspi), Gaetano Di Mundo (Spea), Francesco D'Antona (Utsa Bari) e Angelo Salcuni (consulente esterno). Ieri il blitz del primo gruppo della guardia di finanza di Genova, coordinato dal pubblico ministero Walter Cotugno, ha provocato il tonfo di Atlantia in Borsa. Il titolo, che è stato anche sospeso per eccesso di ribasso, ha chiuso con una perdita dell'8% a 22,18 euro.

Aspi afferma che i viadotti sono sicuri, ma Atlantia, la società madre, “ha deliberato l'avvio immediato di un audit sui fatti, da affidarsi a primaria società internazionale, per verificare la corretta applicazione delle procedure aziendali da parte di società e persone coinvolte”.

Alessandro Di Matteo

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