Lanciano. Truffa a società finanziarie, si sgonfia il maxi processo: tutti assolti

Finanziamenti chiesti per acquistare auto, come una Fiat Panda, e poi ristrutturazioni di case e appartamenti, oltre ad altre importanti ed urgenti spese per necessità famigliari: in tal modo si sarebbe consumato una presunta mega truffa a cinque società finanziarie per scarsi 250 mila euro.

Ora sulla truffa alle finanziarie in Frentania si è sgonfiato il maxi processo con 13 imputati, di cui 11 assolti con formula ampia, il fatto non sussiste, e poi per prescrizione di reato. Altri due hanno invece una posizione stralciata. Dinanzi al tribunale collegiale, presidente Andra Belli, giudici a latere Stefania Cantelmi e Maria Rosaria Boncompagni,  è crollata anche la pesante accusa di associazione per delinquere per i principali tre imputati; si tratta di Fabrizio Santilli, di Cupello, ritenuto a capo dell’organizzazione, Gianfranco Rossi, di Lanciano, e Vito Vacante, di San Vito, difesi rispettivamente dagli avvocati Alessandro Orlando, Giacinto Ceroli e Massimo Biscardi. Anche il pm Serena Rossi aveva chiesto l’assoluzione, anche per intervenuta prescrizione. In aula non provato il vincolo associativo e neppure le truffe, poi derubricate in tentativo di truffa, che non hanno avuto assoluzioni ma ha goduto, appunto, della prescrizione di reato.

Gli altri, accusati di concorso in truffa, qualcuno in veste di procacciatore di affari, ma pure, forse, ignari corresponsabili, erano Angelo Rossano Guerrini, di Roccascalegna, Stefania Berardi, di Pescara, Lucia  Cadeddu, di San Vito, Leo Del Gesso, di Mafalda (Campobasso), Roberto Di Santo, di Montenero di Bisaccia (Campobasso), Nicola Liberatore, di Casoli, Antonio Polsoni di Fossacesia, Massimo Trivilini di Santa Maria Imbaro. Lo stralcio riguarda il polacco Jerzy Wojciech Kowalski, di Poggio Sannita (Isernia) e Valeriano Crisante di Pescara.

Epicentro del presunto raggiro, per la durata di quattro anni, dal 2008 al 2012, è l’area Frentana e della Val di Sangro. Una organizzazione, secondo l’accusa, ben oliata e specializzata che ha coinvolto due regioni, Abruzzo e Molise. A seguito di indagini del 2016-2017 si è ritenuto che sarebbero stati spillati soldi, pari a 227,331 mila euro, alle finanziare attraverso false dichiarazioni di reddito e di Cud, nonché le cessioni del quinto dello stipendio.  C’era pure chi vantava persino redditi, cioè stipendio annuo, da ben 151 mila euro, ma in realtà non aveva mai lavorato con la società edilizia che indicava come datrice di lavoro. Altri avevano redditi mensili da fame, 700 euro, ma ne dichiaravano oltre duemila. La nutrita difesa ha puntato proprio sulla mancanza di profitto, giacchè sarebbero state fatte le pratiche dei finanziamenti, ma poi le richieste di somme non sono state mai erogate.

“Nessuna prova dell’associazione per delinquere e poi c'è mancanza di profitto”, ha ribadito nell’arringa il collegio difensivo composto inoltre dagli avvocati Angelo Manzi, Alessandro Buccieri, Francesco Di Tonto, Michele Di Toro, Nicola Bonaduce, Armando Piccirilli. Specie per il presunto vertice truffaldino la Procura parlava espressamente di persone “che hanno predisposto falsa documentazione per richiedere finanziamenti che non godevano della condizione di solvibilità per ottenere i prestiti finanziari, che poi non venivano onorati, se non in parte”. Le parti offese erano le finanziare Spa Consel di Torino, Fiditalia di Milano, Neos Finance  di Bologna, Findomestic Bancadi Firenze e la Santander Consumer Bank di Torino.

Walter Berghella

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