Condanna sì al risarcimento, ma solo parziale, perché una porzione della colpa, per quanto accaduto, è da attribuire alle stesse vittime.
Il Tribunale civile dell'Aquila, giudice Monica Croci, ha accolto parzialmente la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari di alcune vittime - Ilaria Rambaldi, Paolo Verzilli e Alberto Guercioni - per il crollo del palazzo di Via Campo di Fossa a L'Aquila, avvenuto nel terremoto del 6 aprile 2009. Costruzione di sei piani sotto cui persero la vita in 29.
Ha condannato a risarcire il costruttore dell'edificio e i suoi eredi e i ministeri chiamati in causa, ossia Infrastrutture e Interno. La colpa degli eredi, per quanto avvenuto, dice il giudice, è del 40%; i ministeri, per le omissioni di Genio Civile e Prefettura, debbono rispondere per un 15 per cento ciascuno. E Il 30% di colpa rimanente? E' delle stesse vittime.
Le famiglie hanno chiesto, con distinti ricorsi, la “condanna in solido” dei due ministeri, della Prefettura e del Comune dell’Aquila, e degli eredi del costruttore Luigi Del Beato. Secondo le famiglie “il collasso dell’edificio è imputabile a gravi vizi di progettazione e di realizzazione, nonché carenze nel calcestruzzo, quanto a elevata variabilità del materiale impiegato e cattiva esecuzione nella ripresa dei getti, come documentato dalle consulenze tecniche espletate” a seguito dei processi penali che ci sono stati in merito.
I familiari delle vittime hanno parlato anche di “realizzazione di una costruzione difforme dalle norme all’epoca vigenti e incapace di resistere all’azione di un sisma non avente carattere anomalo o eccezionale”.
“La Prefettura e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”, poi, secondo i ricorrenti, “non hanno adempiuto ai compiti di vigilanza e di controllo di competenza in materia di edilizia” e “Il Genio civile, all’epoca incardinato nel ministero dei Lavori Pubblici, tramite i propri funzionari, ha rilasciato, autorizzazione a costruire, ritenendo il progetto conforme alla normativa antisismica e poi certificato la sua perfetta rispondenza alla normativa” esistente. Dal dispositivo emerge che all’epoca alla Prefettura arrivò “una segnalazione di irregolarità”, da parte di un professionista incaricato di fare controlli pubblici, riguardo alla costruzione dello stabile, ma questa “fu ignorata”.
Nel difendersi i ministeri tirano in ballo “il concorso di colpa dei deceduti per essersi trattenuti all’interno dell’edificio la notte del 6 aprile, nonostante le scosse già verificatesi”. Nella sentenza, di 21 pagine, numero 676, si parla di edificio “particolarmente vulnerabile a livello sismico” in alcune parti, quelle delle quali “si è poi verificato il collasso”; di “anomala disgregazione delle strutture in cemento armato”; di “scorretta posa in opera del materiale”; di “mancata vigilanza e controllo in cantiere durante la lavorazione”: di “gravi fenomeni di sedimentazione presenti alla base dei pilastri”. Di qui il 40 per cento di colpa agli eredi del costruttore; il 15 per cento a ciascuno dei ministeri tirati in ballo. Ma - scrive il giudice - “è fondata l’eccezione", mossa dall'Avvocatura di Stato, "di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta, quella di trattenersi a dormire, così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa...". Dormivano, rimarca il giudice, "nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile...". Concorso che, "tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi in misura del 30 per cento…".
"Una sentenza - commenta inferocita l'avvocato Maria Grazia Piccinini, di Lanciano (Ch), madre di Ilaria Rambaldi, studentessa universitaria di Ingegneria deceduta in Via Campo di Fossa - che appare assurda, a voler esser buoni. Scopro, dopo aver atteso quasi 14 anni, che a L'Aquila erano tutti aspiranti...suicidi... Una vergogna infinita attribuire colpe alle vittime, - continua l'avvocato, che è anche presidente dell'Associazione 'Ilaria Rambaldi Onlus'- perché significa non conoscere la storia di quel sisma e gli eventi che hanno preceduto il disastro. Una ricostruzione fantasiosa, con concetti precostituiti. Erano le 3.32 dove doveva stare mia figlia, se non a dormire? A L'Aquila, dopo le prime scosse, tutti sono rientrati a casa. Non c'era un allarme, non c'era un campo dove potersi rifugiare, non c'era nulla... Dove sarebbe dovuta andare mia figlia? Inaudito. Ma faremo ricorso". 11 ott. 2022
@RIPRODUZIONE VIETATA