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L'Aquila scende in piazza, con una manifestazione spontanea, contro la sentenza del 9 ottobre scorso, del giudice Monica Croci che, in una causa risarcitoria intentata da alcune famiglie per i morti nel crollo del palazzo di Via Campo di Fossa durante il sisma del 6 aprile 2009, ha accollato il 30 per cento di responsabilità alle vittime, ritenute incaute perché rimaste a dormire.  

In tanti radunati nel piazzale antistante il Consiglio regionale. "Le vittime non hanno colpa" è lo slogan dell'iniziativa. Federico Vittorini, che ha perso mamma e sorella nel sisma: "Siamo qui per riflettere insieme contro la sentenza che colpevolizza le vittime perché quella notte sono rimaste a casa a dormire. Ognuno di noi si è sentito colpito da questa sentenza folle, che mette a repentaglio la figura della vittima in generale. Se dovesse passare questo principio sarebbe davvero pericoloso. Per mesi la popolazione è stata rassicurata dagli esperti, dicendo che più scosse c'erano e più scaricava e non c'era pericolo di una tragedia; noi quasi aspettavamo quelle due-tre scossette quotidiane di 2,5 - 3 di magnitudo e ci dicevamo: "Oggi ha scaricato, stiamo tranquilli. Oggi la scossa grande non la fa".

"Prima rassicura e poi condanna le vittime e il popolo. Ennesima vergogna dello Stato". Questo uno degli striscioni esposti. Un altro cartello recita: "Te la prendi con le vittime, te la vedi con la città. Presenti i comitati vittime di varie stragi e tragedie italiane:  da Rigopiano alla scuola Salvemini, dai morti a causa dell'eternit all'Ilva di Taranto; comitati dello scontro dei treni ad Andria, delle mamme della Terra di Fuochi, della ThyssenKrupp, del disastro del Moby Prince...

"Conosciamo bene l'abisso della tristezza, della disperazione,  il baratro che trovi di fronte e vogliamo essere parte di voi, con tutto il cuore. Noi familiari delle vittime di tutte le stragi lottiamo ogni giorno per sopravvivere, per avere giustizia, per tentare di dare un senso alle morti di tutte le persone innocenti. Seguiamo le vicende giudiziarie con trepidazione e fatica: la sentenza del Tribunale civile dell'Aquila è una vergogna, una pagina nera della nostra giustizia, un tentativo di mistificare la verità, di alleggerire i colpevoli, di cancellare le responsabilità. Non possiamo mollare, non possiamo abbassare la testa per il nostro dolore incessante ed eterno e per la dignità delle persone che abbiamo perso. Questa è l'ennesima ferita inferta": così Egle Possetti, presidente Comitato ricordo vittime Ponte Morandi, in una lettera. 

 "Siamo qui - dice Macello Martella, padre di Cecilia, una delle vittime di Rigopiano - in difesa della memoria, che non va calpestata". 

"Vergogna, vergogna..."... così in coro contro "un abominio giudiziario. Questa è una fucilata, sentenza pericolosa, e stavolta ci siamo dentro tutti", viene detto. Vincenzo Vittorini, che nel sisma ha perso moglie e la figlia, ripercorre i momenti che hanno caratterizzato i giorni precedenti la catastrofe, dalla riunione della Commissione grandi rischi del 31 marzo 2009, alla telefonata, del 30 marzo, tra l'allora capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, e l'assessore regionale Daniela Stati, in cui Bertolaso rimproverava Stati perché c'era ingiustificato allarmismo. La telefonata viene fatta riascoltare in piazza. Bertolaso a Stati: "Senti, ti chiamerà De Bernardinis, adesso, il mio vice, al quale ho detto di fare una riunione lì all'Aquila domani su questa vicenda di questo sciame sismico che continua, in modo da zittire subito qualsiasi imbecille, placare illazioni, preoccupazioni, eccetera.... Devi dire ai tuoi di non fare comunicato dove non sono previste altre scosse di terremoto, perché quelle sono cazzate, non si dicono mai queste cose quando si parla di terremoti...". E ancora: " Il terremoto è un terreno minato, bisogna essere prudentissimi. Comunque questa cosa la sistemiamo. La cosa importante è che adesso De Bernardinis ti chiama per dirti dove volete fare la riunione. Io non vengo, ma vengono Zamberletti, Barberi, Boschi, quindi i luminari del terremoto d’Italia. Li faccio venire all’Aquila o da te o in prefettura, decidete voi, a me non frega niente, di modo che è più un’operazione mediatica, hai capito?.... Così loro, che sono i massimi esperti di terremoti diranno: è una situazione normale, sono fenomeni che si verificano, meglio che ci siano 100 scosse di 4 scala Richter piuttosto che il silenzio perché 100 scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa, quella che fa male. Hai capito?" 

Assente il sindaco, Pieluigi Biondi, che in un messaggio scrive:  "In questa giornata di mobilitazione, in cui si mescolano il dolore perenne generato dal terremoto e la volontà di esprimere pubblicamente il dissenso su un pronunciamento giudiziario, confermo i sentimenti di vicinanza nei confronti di tutti i parenti delle vittime. Ritengo, al contempo, doveroso, sottrarre l’istituzione che rappresento dal giudizio verso l’operato di un’altra istituzione, indipendente, dello stato di diritto e custode del potere giudiziario, sancito dalla nostra Costituzione... In attesa che si risolvano i gradi di giudizio che, mi auguro, facciano piena chiarezza sulla vicenda, ogni aquilano, ogni esponente delle istituzioni, può fare la sua parte per rinsaldare la memoria, onorare la nostra storia, curare il ricordo delle nostre vittime. Credo fortemente nella giustizia e nel sistema giudiziario italiano, nei confronti dei quali i sentimenti di reiterata fiducia vanno riposti anche quando vengono messi in discussione".

"Indignati da questo sistema, che ci offende - rimarca Mario Sanna, presidente del comitato "Il sorriso di Filippo" di Amatrice.  -. Questa sentenza è stata emessa da qualcuno che va considerato un avvocato dello Stato, non un giudice. Dobbiamo andare da Mattarella e chiedere l'immediata cancellazione di questa sentenza che non deve più esistere; il processo va rifatto daccapo. Cominciamo a far vedere che ci siamo". Il pensiero va alla scomparsa Antonietta Centofanti, che per anni si è battuta affinché le vittime avessero giustizia. 

Solidarietà anche dai Genitori Tarantini: "Pensare che la cittadinanza, da mesi sotto pressione per le continue scosse telluriche di media-bassa intensità, potesse valutare appieno la portata di una più potente scossa in così breve tempo, - rimarcano in una lettera - ferisce la nostra anima e la nostra intelligenza. Parrebbe, a ben vedere, un ulteriore chiodo piantato di 309 vittime crocifisse; un'offesa consegnata alla storia verso le vittime, i loro parenti, i loro amici. Una inaccettabile offesa verso quei ragazzi e quelle ragazze che avevano scelto L'Aquila come sede per la continuazione di un percorso scolastico così drammaticamente interrotto".

"Noi - proseguono i Genitori Tarantini - siamo stati a L'Aquila nel 2018 per ricordare, insieme alla popolazione del capoluogo d'Abruzzo, le vittime, nella notte del nono anniversario della tragedia. Ci siamo fermati davanti al poco che restava della Casa dello Studente; abbiamo avvertito quei drammatici momenti, la disperazione di quei giovani che tra urla e lacrime, cercavano una fuga tra cemento, , tufi, acciaio e vetri, con le unghie sanguinanti. Sempre vicini al popolo abruzzese". 23 ott. 2022
 
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