Non è facile lasciare tutto, casa, affetti, lavoro, rinunciare al proprio quotidiano, preparando, a volte una valigia, in pochi minuti per ... sparire, partire verso luoghi sconosciuti perché è l’unica possibilità per sottrarsi a violenze di ogni tipo e per salvarsi la vita.
Sono donne provate da una grande e indicibile sofferenza quelle che arrivano, qualcuna anche con i figli, alla Casa rifugio o Casa Blu. Un approdo sicuro, nato nel 2021 ad opera del Comune di San Vito (Ch) e della Cooperativa Be Free di Roma. La struttura conta pochissimi posti e spesso le operatrici sono costrette a dover rinunciare ad ospitare proprio per mancanza di spazio.
Dalla sua apertura ad oggi sono stati accolti 20 donne e15 minori e non è un numero trascurabile, ma il segno di quanto queste strutture siano necessarie per aiutare davvero le donne che subiscono la violenza ripetuta da parte di mariti, compagni, fidanzati.
“Disponiamo di due stanze matrimoniali dove è possibile sistemare anche i bambini, certo la loro presenza rende tutto più impegnativo – spiega Giorgia Pasquini, sociologa e mediatrice culturale – . Noi facciamo tutto il possibile per non far sentire loro la mancanza della vita che conoscevano, anche se i più piccoli fanno presto ad abituarsi ai cambiamenti quasi fosse un gioco. Non lo è per le loro mamme, né per le altre donne che arrivano con alle spalle soprusi e violenze, sradicate dalla loro realtà sociale ed economica. Costrette a lasciare un lavoro quando ce l’hanno, a salutare amici e parenti quando questo è possibile perché a volte devono scappare senza avere nemmeno il tempo di un saluto, devono cambiare vita e identità”. Per poterla continuare ad esistere, perché c'è il reale rischio die ssere uccise.
“Inizia tutto con un abbraccio e finisce con una lacrima – continua Giorgia, giovane professionista, preparata e competente e che riesce ancora ad emozionarsi quando parla di realtà cosi drammatiche – . All’inizio è difficile farle acquisire la consapevolezza della violenza subita, sono portate a colpevolizzarsi, a sentirsi sbagliate, a cercare giustificazioni improbabili a comportamenti fatti di umiliazione, botte, sopraffazioni, minacce. Ma quando prendono coscienza tutto si fa un po’ più semplice. Noi vediamo tutta l’escalation emotiva, dal dolore alla salvezza e non è facile nemmeno per noi gestire la parte emotiva. Restano qui sei mesi, anche se c’è pure chi ritorna a casa, sono situazioni davvero difficili anche da descrivere, il rapporto con le donne che accogliamo rimane sempre”.
Sono situazioni complicate che richiedono la giusta competenza e sensibilità per poterle comprendere pienamente perché solo con una profonda comprensione e vicinanza si può dare il sostegno adeguato, cercando di restituire le vittime a una vita nuova, a una recuperata serenità. E a garantire il supporto necessario ad affrontare un percorso che non è privo di ostacoli, ci sono sei giovani donne, ognuna con il proprio ruolo. La responsabile del centro è Chiara Tullio, poi insieme a Giorgia Pasquini ci sono Barbara Tullio arte terapeutica, Debora Caporale, assistente sociale, la psicologa Licia Settimio e Alessandra Sucapane avvocata. Un team qualificato che lavora con impegno costante e soprattutto con la consapevolezza dell’importanza del proprio compito.
“Prima di essere accolte, conosciamo le nostre ospiti attraverso una documentazione che è spesso il risultato di denunce e di referti che raccontano un po’ la loro storia e sono storie dolorose. In loro c’è sempre la paura di essere rintracciate, nonostante vengano effettuate tutte le operazioni, a cominciare dal cambiare il numero di cellulare”. A volte, però, nemmeno questo iter basta a scoraggiare l’uomo maltrattante.
”Tempo fa un uomo è venuto addirittura sotto la nostra struttura scatenando reazioni facilmente comprensibili, abbiamo subito avvisato le forze dell’ordine, ma l’intervento è stato tardivo, sono arrivati solo il mattino dopo, quando era già andato via. Possibile che non si intervenga come si dovrebbe quando c’è un uomo maltrattante nei pressi di una Casa Rifugio? Purtroppo si tende a sottovalutare un fenomeno che continua ad essere in pericolosa espansione. Una donna è arrivata dopo che il compagno aveva messo fuoco alla casa con lei e i figli dentro, si sono salvati per miracolo”.
In effetti c’è poca fiducia in chi dovrebbe attivare sistemi e azioni di protezione seria e così, a quanto pare, di fatto non è, invece è fondamentale costruire una rete solida tra chi opera nel settore, le istituzioni e le forze dell’ordine.
“Il problema - conclude Pasquini - è come aiutare concretamente queste donne sradicate dalla loro realtà dopo aver subito ogni forma di violenza. Sono importanti il lavoro e una casa per poterle collocare dopo il periodo di permanenza nella struttura. Sollecitiamo anche le agenzie di lavoro, le istituzioni e pure i privati, quelli che dispongono di case da affittare, ma senza lavoro chi te la da una casa? Ci stiamo impegnando anche in questo senso, ma non è facile se non c’è da parte degli enti preposti la volontà di affrontare questo tema con serietà. Solo lavorando tutti insieme si potrà dare a queste donne una vera opportunità, la possibilità di tornare a una vita degna”. 22 mag. 2025
PINA DE FELICE
@RIPRODUZIONE VIETATA