Referendum giustizia: il no dell'Anm Abruzzo e il sì della Camera penale di Lanciano

"Trattasi di referendum su materie eterogenee che intervengono su aspetti tecnici della macchina giudiziaria. E il referendum non è lo strumento migliore per apportare modifiche di questo tipo". Così, ad Abruzzolive.tv, Roberta D'Avolio, procuratore e presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) Abruzzo sul referendum sulla giustizia del prossimo 12 giugno. In netta contrapposizione la nota della Camera penale di Lanciano (Ch), presieduta dall'avvocato Luca Scaricaciottoli

Referendum 1 – Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi (c.d. Legge Severino) (Scheda viola)

"Il primo referendum sulla cancellazione della legge Severino - dice D'Avolio - riguarda l’abrogazione di una normativa prevista anche in altri Paesi per preservare l’onorabilità del munus pubblico, introdotta per dare attuazione alle Convenzioni internazionali contro la corruzione. Basti pensare che l’abrogazione di essa travolgerà anche quelle norme che prevedono l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per parlamentari e rappresentanti di governo condannati in via definitiva con pena superiore a due anni. Cosa significa abrogare questa legge dunque? Un condannato in via definitiva per mafia, corruzione o altri gravi reati può riassumere cariche pubbliche. Chiunque, invece, voglia partecipare ad un concorso pubblico continuerà a non poterlo fare attesa l’ostatività di una condanna".

La Camera Penale di Lanciano è invece per il sì in quanto "ritiene che le norme della legge Severino che incidono sul diritto di elettorato passivo già solo in presenza di una sentenza di condanna non definitiva appaiono insanabilmente in contrasto con il principio  di presunzione di non colpevolezza sancito dall'articolo 27 della Costituzione. Chi vuole abrogare la legge deve votare sì, restituendo ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici".

Referendum 2 - Limitazione delle misure cautelari (Scheda arancione)

"Sulla custodia cautelare, - rimarca D'Avolio - la parziale abrogazione avrà effetti disastrosi per la prevenzione e repressione di molti reati che destano vivo allarme nella società e vi sarà minor tutela dello Stato per reati odiosi nei quali il rischio di ripetizione di condotte criminose è insito nella loro stessa natura. Penso ai delitti di maltrattamenti o di stalking, alla violenza domestica in generale, agli abusi su minori. Escludere la possibilità di adottare misure cautelari per impedire il ripetersi di condotte aggressive produrrà un grave vulnus nella tutela delle vittime e, d’altro lato, aumenterà il senso di impunità per gli autori di sì gravi delitti". 

La Camera Penale di Lanciano ritiene invece che "il quesito referendario esprima opportunamente la forte risposta all’abuso di un istituto diffusamente utilizzato, nelle quotidianità della nostra vita giudiziaria, in spregio dei principi costituzionali che sanciscono la eccezionalità della privazione della libertà personale prima di una sentenza di condanna. L’Italia è il Paese dei mille errori giudiziari l'anno, quasi tre al giorno - rimarca -; è il Paese che spende 28,5 milioni l'anno per indennizzare le vittime delle ingiuste detenzioni e le vittime dei processi che non finiscono mai, altra piaga italiana. Questioni sino ad oggi ignorate sulle quali gli italiani ora possono dire la loro".

Referendum 3 - Separazione delle funzioni dei magistrati (Scheda gialla)

"La separazione delle funzioni in via definitiva tra requirenti e giudicanti - riprende D'Avolio - impedirà il passaggio tra le funzioni (già oggi soggetto a limitazioni poiché da pubblico ministero se desidero diventare giudice devo cambiare distretto (regione). Tale separazione definitiva allontanerà il pubblico ministero dalla cultura della giurisdizione facendolo diventare un avvocato dell’accusa, anziché un magistrato imparziale alla ricerca della verità".

"Nel corso della loro vita - evidenzia la Camera penale di Lanciano - i magistrati italiani possono passare più volte dal ruolo di pubblici ministeri (cioè coloro che si occupano delle indagini insieme alle forze dell’ordine e svolgono la parte dell’accusa) a quello di giudici (cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e nel contraddittorio tra l’accusa e la difesa). Oggi le carriere tra chi giudica (giudice) e chi accusa (Pm) non sono separate. Capita spesso che una persona lavori per anni come Pm in funzione di accusa e poi, improvvisamente, diventi giudice. Se vince il sì i magistrati dovranno scegliere, all’inizio della loro carriera, se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri, per poi mantenere quel ruolo per tutta la vita professionale. La Camera Penale di Lanciano condivide il referendum sulla separazione delle funzioni inquirente e giudicante".

Referendum 4 - Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari (Scheda grigia)

Spiega la Camera penale di Lanciano: "In Italia, i magistrati vengono valutati ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, dagli organi che compongono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. In questi organi, insieme ai magistrati, ci sono anche avvocati e professori universitari di diritto, ma soltanto i magistrati possono votare nelle valutazioni professionali degli altri magistrati. Chi vota sì vuole abrogare la legge e consentire che i magistrati vengano valutati anche dai membri laici come avvocati e professori universitari".

Referendum 5 - Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura (Scheda verde)

Sempre la Camera penale di Lanciano, che dice: "Il quesito sulla riforma del Csm e l’elezione dei membri togati chiede all’elettore se vuole cancellare la norma che impone al magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura. Se vince il “sì” i magistrati non saranno più obbligati a trovare accordi politici e non saranno più legati al sistema delle correnti (che, come ha dimostrato il “caso Palamara”, si muovono in un’ottica di promozione del gruppo e non sono certo per garantire giustizia ai cittadini), così da premiare il merito piuttosto che l’adesione politica, essendo sufficiente presentare la propria candidatura, avendo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico". 06 giu. 2022

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