SI allarga l’indagine della Procura di Roma sul giro di corruzione e tangenti per cui il 4 luglio scorso sono scattati 24 arresti – 12 in carcere e 12 ai domiciliari, ma sono 50 complessivamente gli indagati - e vede al centro dell'organizzazione Raffaele Pizza, ex sottosegretario del governo Berlusconi. Una galassia di società, di intrallazzi e una foresta di subappalti e mazzette, scovati dalla Guardia di finanza e che univano politici, imprenditori e funzionari, in lizza per spartirsi una torta di circa 12 milioni di euro e gli appalti pubblici. I reati contestati alla cricca sono di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione e riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. 

La figura di spicco, dunque, è il faccendiere Raffaele Pizza, che, secondo la magistratura, sfruttando i propri legami con il mondo della politica, fungeva da raccordo tra le realtà impreditoriali e quelle degli enti pubblici, svolgendo, stando sempre ai riscontri delle forze dell'ordine,"un'incessante e prezzolata opera di intermediazione tra i suoi interessi e quelli di imprenditori senza scrupolo". Inps, Inail, Poste Italiane, Consip, ministero della Giustizia, ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca ed Enel erano i territori di caccia...  A volta un aiuto arrivava anche da Antonio Marotta, inquisito, deputato Ncd. Pizza, sempre grazie alla proprie influenti conoscenze e frequentazioni, si adoperava anche per favorire le nomine ai vertici di enti e società. Nomine di persone a lui vicine, allo scopo di riceverne poi favori e agevolazioni. Un tipo che, nel gestire i propri affari, era particolarmente attento: infatti, "temendo una possibile azione intrusiva finalizzata a captare le conversazioni effettuate all'interno degli uffici dove operava, si è dapprima dotato di un apparato disturbatore di frequenze in grado di criptare le fonie, e successivamente ha fatto eseguire una bonifica degli ambienti”. 

La sua mira, tra le altre, era di veicolare all’interno della pubblica amministrazione soggetti interessati alla gestione del sistema di Trattamento informatizzato atti processuali, il Tiap. E qui scatta il secondo filone d'inchiesta. Insieme ai due imprenditori Danilo Lucangeli, di Sky Media, e Gianni Nastri, di Siline spa e di Europower Technologies, avrebbe avviato un "raggiro di tipo informatico" che avrebbe avuto come risultato finale quello del controllo del Tiap, utilizzato da varie Procure, tra cui quella di Roma. Per far ciò necessitava di aiuto.  L'idea è stata di agganciare il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini; il sottosegretario Luca Lotti e Marco Carrai. Si punta agli uomini vicini a Renzi. 

Nelle carte dell'inchiesta spunta così un incontro con Legnini, del quale non si conoscono i particolari. Scrivono i finanzieri nell'informativa finale: "La fitta rete di contatti riguarda Roberto Rao (consigliere economico del ministro della Giustizia Orlando, e consigliere di Poste Italiane, ndr), Gianni di Pietro (ex deputato del Pd, molto vicino a Legnini, ndr), Agostino Ragosa (ex direttore Agenzia per l'Italia digitale)". Interverranno anche Massimo Sarmi, ex ad di Poste, e Guglielmo Boschetti, imprenditore abruzzese "che da fonti aperte risulta implicato in varie inchieste legate alla P4". Sarebbe stato proprio Boschetti ad aver incontrato Legnini. 

Pochi giorni prima, nel gennaio 2015, in un dialogo registrato da una cimice dei finanziari, l'imprenditore Lucangeli afferma davanti agli onorevoli Antonio Marotta (Ncd) e Luca Sani (Pd): "Dobbiamo immaginare il percorso politico commerciale per far sì che la Presidenza del Consiglio faccia questo decreto ministeriale per il riuso del software Tiap con soluzioni tecnologiche innovative, perché di fatto questo software di proprietà del ministero della Giustizia è già in uso alle procure più importanti, è già stato validato da Ernesto Carbone (deputato Pd, fa parte della segreteria del partito)". E ancora. "I soggetti da andare a sentire sono il ministro Orlando, eventualmente anche il Csm...". Si inserisce Pizza: "Con il vice presidente del Csm (Legnini), no, non c'è problema". In pratica diventando fornitori esclusivi del Tiap il terzetto avrebbe potuto avere accesso a un’enorme quantità di fascicoli giudiziari, con l'obiettivo dell’osservazione e dello sfruttamento delle varie fasi delle indagini e delle inchieste, ma anche per l’acquisizione di documenti per appropriarsi di commesse finanziate dall’Interno in merito alla Terra dei fuochi. 06 luglio 2016



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