Di Marco Tabellione


 

L’idea della poesia come strumento di conoscenza, e non solo come forma di espressione di esperienze etiche ed emotive, nasce nell’età moderna, ma fu soprattutto l’ermetismo a rilanciarla, unitamente al concetto di poesia pura. E’ a quella tradizione che indubbiamente si richiama Marco Pavoni, giovane poeta abruzzese, nato a Chieti nel 1984, che ha da poco pubblicato la sua prima raccolta, intitolata “Immagini” (Tracce, 9 euro, 66 pagine). Una poesia quella di Pavoni capace di alternare idee e sentimenti, di toccare mente e cuore. Ogni brano di questa raccolta è caratterizzato da un linguaggio aulico e ricercato, e si esaurisce in un singolo periodo, come se tutte le poesie rappresentassero tanti piccoli dilatati respiri. E’ dunque alla tradizione più colta che si richiama apertamente Pavoni, e non solo a quella letteraria, ma, come giustamente conferma Benito Sablone nella sua introduzione al volume, anche a grossi nomi delle arti figurative, ad esempio De Chirico, Dalì, e da questo punto di vista il titolo del libro non poteva essere più eloquente. Anche se in realtà la scelta del titolo potrebbe essere connessa con significati più profondi, perché rimanda chiaramente alla vocazione tipicamente simbolista della lirica di Pavoni. In effetti la caratteristica del linguaggio simbolico è che esso rinvia a significati ulteriori, per cui costituisce un formidabile stimolo all’immaginazione, cioè alla facoltà della mente umana di creare da sé immagini; ecco perché probabilmente Pavoni chiama “immagini” le sue parole poetiche, “immagini severe e convincenti” commenta Sablone nella prefazione “che anelano di andare sempre oltre con andamento classico, unitamente a una spiritualità nuova che permette di chinarsi su se stessi e cercare le risposte a quell’Ignoto che Jung suggerisce di chiamare Dio”. 


La ricerca di Pavoni avviene attraverso stadi particolari che gli consentono di dividere in sezioni la silloge. “Passato” si intitola la prima sezione della raccolta, dove maggiormente il poeta indulge su malinconie e nostalgie struggenti, sempre mitigando però gli eccessi emotivi con il controllo razionale del pensiero. La seconda sezione, intitolata “Intermezzo giapponese” è invece costituita da liriche brevi, a volte semplici terzine, alcune fulminee, quasi tentativi di afferrare attimi fuggenti. E infine c’è la sezione “Futuro”, aperta più che a nuovi eventi, a nuove visioni del mondo più aperte, più predisposte ai cambiamenti, alle epifanie (epifania si intitola una di queste poesie) che la vita riserva. Insomma una raccolta che sancisce l’affermazione di un nuovo e importante poeta per la cultura abruzzese.

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