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Dopo aver lavorato con il sismologo Giuliani, che era riuscito a prevedere il terremoto del 2009 dell'Aquila, e aver pubblicato alcuni volumi proprio sul problema del terremoto e della sicurezza e della prevenzione, Alfredo Fiorani, scrittore originario di La Spezia ma da tempo trapiantato in Abruzzo, torna alla sua passione originaria, la poesia. "Il silenzio del pastore scozzese" (50 pagine) è infatti un volume di versi appena pubblicato che si avvale tra l'altro di un intervento in quarta di copertina del celebre critico Giorgio Barberi Squarotti. Ed è lo stesso studioso che definisce i poemetti di Fiorani come caratterizzati da una "scrittura straordinariamente inventiva con sapienti forzature, metafore e similitudini, e citazioni elegantissime". Il volume si apre con una poesia dedicata ad Ennio Di Vincenzo, pittore aquilano, marito della poetessa Anna Maria Giancarli, morto nel 2009, l'anno del terremoto, e subito, in questa prima accorata lirica, Fiorani mostra la sua duplice ispirazione: da un lato utilizzare un linguaggio poetico nuovo, originale, capace di reinverarsi di continuo, dall'altro con questo linguaggio esprimere emozioni e sentimenti autentici. Un linguaggio che a volte prova anche ad essere aspro, per poter essere vero, nonostante l'abito simbolico e criptico che a volte la poesia di Fiorani assume. Al simbolismo di Eliot e di Pound si rifà in maniera più diretta la sezione che dà il titolo all'opera, "Il silenzio del pastore scozzese", sezione che tra l'altro, come gli altri poemetti contenuti nella raccolta, presenta anche fatti e personaggi, anche se non sempre ben identificabili sotto le simbologie adottate dal poeta. Un verso lungo quello di Fiorani, piegato alle esigenze di un autore che sembra voler dire molto di più di quel che dice, almeno è questa la sensazione che si ha leggendo questo libretto di un autore che poi non appare così metafisico come sembra, e anzi risulta più realistico che in apparenza. Settembre 2015


 Marco Tabellione

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