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Pescara - "Provate a chiudere gli occhi e a pensare alla prima cosa che ricordate di Alessandro. Sicuramente è un'immagine di lui sorridente perché lui era così...". Si sono celebrati oggi pomeriggio, presso la cattedrale di San Cetteo a Pescara, i funerali di Alessandro Angelucci, giovane ricercatore originario di Lanciano e che viveva a Pescara, morto il 30 maggio scorso in Turchia durante un'escursione, che stava effettuando per ragioni di lavoro. E' scivolato mentre camminava, precipitando tra pareti di roccia, lungo un sentiero nella provincia di Sakarya, a 200 chilometri da Istanbul. La camera ardente è stata allestita al Mediamuseum di Pescara fino alle 16,30, poi sul sagrato della cattedrale scende il silenzio. 

Ad accompagnare il feretro i familiari, stringendo tra le mani una piccola cornice d'argento, con la foto di Alessandro. Una folla commossa riempie la chiesa. Chi non trova posto rimane in piedi. Alessandro aveva solo 34 anni e lascia un vuoto difficilmente colmabile, come gli occhi dei suoi cari suggeriscono. Ci sono gli amici, i colleghi e i "compagni della terza G" come riporta il nastro su una ghirlanda funebre. Nei primi banchi la sorella Giovanna e la madre Angela. 

Dal pulpito Luciano Vitacolonna, docente dell'Università d'Annunzio, lo ricorda come "un uomo dotato di un profondo ingegno, di innumerevoli interessi e passioni." Un grandissimo appassionato della Turchia. "Il destino ha voluto che proprio in quel Paese si arrestasse il suo cammino umano e culturale". Alessandro Angelucci lascia in eredità alla cultura una grande biblioteca che la famiglia vuole donare alla città. "Spero che le autorità competenti vogliano accogliere questo desiderio", conclude il professore.

Il capogruppo Pd al consiglio comunale di Pescara, Marco Presutti, parla di lui come un "generoso protagonista della cultura nella città. Aveva una vorace passione della conoscenza e della scoperta. Alessandro voleva essere libero e condividere quello che aveva appreso, per questo amava tanto insegnare". Tra le altre cose aveva anche tenuto un corso sul Teatro medievale, nell'ambito del Master in Teoria e pratica di teatro e musica, all'Università d'Annunzio.

Il parroco don Francesco rivolto alla madre: "Angela, devi essere orgogliosa di questo figlio - dice -. Sulla tomba di Alessandro non mettiamo la parola 'fine', oppure  possiamo anche scriverla, ma ci aggiungiamo 'fine primo tempo'...". 
Un saluto semplice quello finale della sorella Giovanna: "Voglio ringraziarvi per tutto l'affetto che ci avete dimostrato. Parenti, amici, istituzioni. Avete condiviso il nostro dolore. Voglio solo salutare mio fratello dicendogli 'buon viaggio'...".

Di nuovo sul sagrato la madre abbraccia tutti, quasi con un sorriso sulle labbra, quasi come volesse sostenere lei i tanti in lacrime che salutano Alessandro sfiorando il legno della bara con una mano. Una bara dalla quale molti non riescono a staccarsi tanto il dolore della separazione da un amico di tutti, un amico che riusciva sempre a convincere ragazzi a non rinunciare all'università e che "aveva la cultura dentro di sé", come sussurrano fuori dalla cattedrale gli amici della 'terza G". 

7 giugno '16

Davide Colaiocco

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