No alla richiesta di concordato preventivo presentato dalla Virtus Lanciano 1924 srl. E' stata respinta dal Tribunale fallimentare di Lanciano, - composto dal presidente Cleonice Cordisco, giudici a latere Giovanni Nappi e Massimo Canosa, - con un decreto che stabilisce “di non doversi procedere sul concordato preventivo poiché non è stato approvato dalla maggioranza dei creditori”. Su un debito di 11.185.000 euro, la Virtus, società della facoltosa famiglia Maio, per evitare il fallimento, aveva presentato un piano che prevedeva il pagamento di meno del 30% dei debiti, pari a 3.506.929 euro. Piano bocciato, nel mese di aprile, dai tanti creditori, prima tra tutti l’Agenzia delle Entrate, che deve avere 6.129.775 euro. Iva, Ires, Irap non versate allo Stato costituiscono più della metà del debito complessivo della società, scomparsa dal panorama calcistico nel 2016, dopo quattro anni di serie B. I debiti sono stati certificati dal commissario giudiziale Giovanni Trinetti. 

Tra i creditori figurano fornitori che hanno contribuito al mantenimento della squadra rossonera in serie B, ossia alberghi, studi di fisioterapia, ristoranti, laboratori medici, aziende di trasporto (ad esempio Tua/Sangritana deve avere circa 300mila euro), dipendenti, ma anche giocatori e allenatori. Non si esclude ora che si possa ricorrere alla richiesta di un nuovo concordato, semmai la Virtus alzi la posta in palio. In passato andò male alla società Lanciano Calcio del presidente Paolo Di Stanislao, di Roma, fallita nel 2008 per due milioni di euro. Crac sfociato in un processo per bancarotta fraudolenta.
28 maggio 2018

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