GUARDA LE FOTO
Per anni hanno sversato veleni nel fiume Pescara. Hanno fatto arrivare, da altre regioni, rifiuti liquidi infarciti di sostanze nocive che venivano poi immessi in vasche rotte che, nel corso del tempo, di un tempo inquantificabile, sono finiti nel corso d'acqua, compromettendo anche la falda sottostante, e il suolo nella zona di Salvaiezzi a Chieti Scalo. Operazioni avvenute utilizzando l’impianto di depurazione del Consorzio di bonifica di Chieti Scalo. E' quanto emerge dall'inchiesta "Panta rei" coordinata dalla direzione distrettuale antimafia dell'Aquila, condotta dalla Forestale di Chieti e di Pescara e che è sfociata in 4 arresti, eseguiti oggi, e in 5 denunce. L'accusa è di inquinamento ambientale, "con la piena consapevolezza di chi operava in modo irregolare", questo scrive nell'ordinanza di oltre 600 pagine il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Romano Gargarella. Una "organizzazione finalizzata al traffico illecito di rifiuti" - spiegano i sostituti procuratori antimafia David Mancini e Antonietta Picardi - e poi alla truffa ai danni dello Stato e all'abuso d’ufficio.

I 4 indiziati, ora agli arresti domiciliari, sono Roberto Roberti, presidente del Consorzio di bonifica di Chieti; Tommaso Valerio, responsabile tecnico dell'impianto; Andrea De Luca, capo settore Ecologia e ambiente dell'impianto, e Stefano Storto, amministratore del laboratorio di analisi "Dace Dr. Storto". 
I denunciati sono Nicola Levorato, amministratore della società Depuracque Srl; Angelo De Cesaris, amministratore della società Angelo De Cesaris Srl; Corrado Sorgentone, autista della stessa società; Fabrizio Mennilli, titolare di una ditta individuale del settore idraulico, e Giustino Angeloni, ingegnere consulente del Consorzio.

I dettagli dell'inchiesta vengono illustrati in Tribunale a L'Aquila, alla presenza del sostituto procuratore della Direzionale nazionale antimafia (Dna), Antonio Laudati. Import ex export di rifiuti anche tossici, con illeciti guadagni e affari... sporchi. Le prime indagini risalgono al 2009. "E' stata un'attività lunga - spiegano i magistrati - con intercettazioni telefoniche e ambientali e studio di documentazioni da computer acquisite con i sequestri”. Dice il pm Mancini: "Nel Consorzio di bonifica la depurazione di rifiuti liquidi e reflui veniva svolta con modalità sistematicamente illecite: falsificazione di codici di ingresso, ricezione di quantitativi incompatibili rispetto alla capacità, sversamento nel fiume Pescara. E questa è una delle risposte, ahimé tristemente banali, sui motivi dell'inquinamento del mare e del mancato rispetto dell'ambiente che ci circonda”. 

Per quanto concerne il reato di traffico illecito di rifiuti, gli inquirenti hanno riscontrato la miscelazione dei fanghi e lo smaltimento con codici del Cer (Catalogo europeo dei rifiuti) non fedeli alle caratteristiche. Svelato, inoltre, il conferimento illegittimo di fanghi alle discariche di Torre San Patrizio (Fermo) e Bandissolo Argenta (Ferrara). Gli inquisiti hanno poi ricevuto percolato proveniente dalla Toscana e in particolare dalla discarica “Bulera” di Pisa. Tra ottobre e novembre 2015 sono stati documentati 37 viaggi di percolato di discarica (per complessive 1.090,45 tonnellate) contenenti alti valori di arsenico, accettati senza abbattimento del metallo pesante, finito nel Pescara. "Dalla Toscana viene fino qua a portare quella roba perché nessuno la vuole, con l'arsenico a 50", si legge in un'intercettazione. In un'altra: "I fanghi cominciano a diventare pericolosi, facciamo i banditi". E ancora: "Guarda qua! Cioè dovrebbe stare a 0,0, sta a 1,52!", la quantità di arsenico sversato nel fiume Pescara. "All'uscita del pretrattamento!". "...del pretrattamento! E, 1,20 all'uscita nostra! All'uscita al fiume nostro!" La Forestale ha inoltre scoperto una serie di chiusure strategiche della vasca dell’impianto di pre-trattamento e la falsificazione delle analisi, in accordo con il laboratorio di fiducia.
 
Per quanto concerne l’inquinamento ambientale, ecco la rottura della vasca di ossidazione dell’impianto, con conseguente perdita nel sottosuolo di fanghi e di reflui non depurati e ancora degrado, carenze di manutenzioni e strumentazioni non adeguate. “Il Consorzio ha un impianto di bonifica, è autorizzato a prendere rifiuti liquidi non pericolosi - viene spiegato dagli inquirenti -. Ferme le annose carenze strutturali, che davvero saltano agli occhi, e alle quali si doveva mettere mano e non si è fatto”. Da qui anche "gli odori nauseabondi provenienti dalla struttura che sono stati denunciati dai cittadini".

Gli illeciti guadagni del sodalizio criminale consistevano, quindi, in costanti approvvigionamenti di rifiuti con caratteristiche chimico analitiche “pesanti”, con presenza di arsenico (con superamento di 12 volte dei limiti imposti dall'Autorizzazione integrata ambientale, Aia), azoto ammoniacale, altri metalli pesanti e fenoli; una truffa al Comune di Chieti con abbattimento dei costi di smaltimento attraverso l’illecita miscelazione dei fanghi; affidamenti diretti a società “amiche” di servizi e forniture; infine, una serie di truffe ad altri enti.  

Il Consorzio di bonifica “Centro” è stato costituito con una delibera della Giunta regionale d’Abruzzo numero 801 del 7 aprile 1997.
Per decisione del giudice, il Consorzio ora è stato sequestrato e affidato ad un amministratore giudiziario, Andrea Colantonio, a causa del gran numero di attività illecite accertate.
Altra misura cautelare è il sequestro preventivo dell’impianto di depurazione.
Come spiegato dalla Forestale, l’impianto è costituito da due sezioni: il depuratore di reflui civili, scarichi industriali di aziende esterne (Depuracque s.r.l.) e reflui in uscita dall’impianto di pretrattamento da un lato e l’impianto di pretrattamento di rifiuti liquidi conferiti da terzi “su gomma” dall’altro. 20 ottobre 2016


@RIPRODUZIONE VIETATA

Condividi l'Articolo

Articoli correlati