Tragedia Rigopiano. La Procura: 'Nessuna responsabilita', ma politici regionali sordi e funzionari ossequiosi per favorire proprie carriere'
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Non ci sono responsabilità penali da parte dei politici per la tragedia consumata a Farindola (Pe), all'Hotel Rigopiano, il 18 gennaio 2017. I magistrati hanno chiesto l'archiviazione per 18 indagati. Per altri 25, invece, si profila la richiesta di rinvio a giudizio. Verso l'archiviazione le posizioni dei tre ex presidenti della giunta regionale abruzzese, Luciano D'Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi; degli assessori che si sono succeduti nella delega alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca; dell'ex vice presidente della Regione Abruzzo Enrico Paolini; dell'ex direttore generale della Regione Abruzzo, Cristina Gerardis; del direttore del dipartimento di Protezione civile, per tre mesi nel 2014, Giovanni Savini; del responsabile della sala operativa della Protezione civile Silvio Liberatore; del dirigente del servizio di Programmazione di attività della Protezione civile Antonio Iovino; del direttore del Dipartimento opere pubbliche della Regione Abruzzo fino al 2015 Vittorio Di Biase; del responsabile del 118 Vincenzino Lupi; della funzionaria della Prefettura di Pescara Daniela Acquaviva, dell'ex sottosegretario alla Giustizia, Federica Chiavaroli; della funzionaria della Protezione civile Tiziana Capuzzi. Chiesta l'archiviazione, solamente per alcuni capi di imputazione legati a reati minori, anche per l'amministratore e legale responsabile della società Gran Sasso Resort & Spa Bruno Di Tommaso, per il consulente incaricato da Di Tommaso al fine di adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni Andrea Marrone, per l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e per il dirigente regionale della Protezione civile Carlo Giovani. I quattro restano indagati per altri reati. 

Nessuna responsabilità, però, nelle motivazioni che accompagnano le richieste di archiviazione, i pm pronunciano il proprio j'accuse nei confronti dei vertici della Regione e di alcuni suoi dirigenti. Gli ex governatori D'Alfonso, Chiodi e Del Turco, insieme agli ex assessori Ginoble, Stati, Srour, Giuliante e Mazzocca, erano finiti sotto inchiesta per la mancata realizzazione della Carta delle valanghe che, se adottata, avrebbe incluso Rigopiano tra le aree a rischio e, forse, scongiurato il disastro. Perché la Carta di localizzazione dei pericoli di valanga (Clpv) non c'era? Le responsabilità, secondo i pubblici ministeri, "gravano in via esclusiva sugli appartenenti alla dirigenza tecnico amministrativa dell'ente, non essendo emersi profili di concreto coinvolgimento degli appartenenti alla direzione politica". Inoltre, viene fatto presente, "è emersa in modo ampio e diffuso una scarsa sensibilità e attenzione in materia di Protezione civile sullo specifico tema del pericolo da valanghe da parte degli organi tecnici della Regione e in particolare è dato un comportamento di 'sudditanza psicologica' gravante sulle figure dirigenziali, la cui carriera dipende gerarchicamente dal favore del politico, verso quest'ultimo: sudditanza che si traduce nel non voler porre al politico richieste di stanziamento che si intuisce non sono nelle di lui priorità di programma". "Questo modo di essere e quindi di operare - spiegano i pm -  è certamente censurabile nel funzionario, ma pone un serio interrogativo anche sulla qualità di un politico che a priori viene percepito dal tecnico così sordo a ciò che non lo motiva politicamente, che non gli si pone nemmeno la richiesta. Ovviamente questi temi non implicano un apprezzabile rilievo penale - sottolineano i magistrati - ma è necessario farne qui menzione perché concorrono a spiegare le condotte omissive che hanno portato alla presente richiesta di archiviazione per i politici, procedendosi invece nei confronti di alcuni funzionari". 

"Laddove il rimprovero ai politici fosse nei termini di non essersi comunque attivati per realizzare una Carta di localizzazione dei pericoli di valanga (Clpv) su tutto il territorio montuoso abruzzese, che come tale di necessità avrebbe ricompreso Rigopiano, detta censura posta in riferimento alla causalità dell'evento del 18 gennaio 2017 dovrebbe necessariamente confrontarsi anche con il dato acquisito dall'integrazione di consulenza tecnica, che per licenziare operativamente una siffatta Clpv occorrono non meno di 4 anni e 4 mesi, finendo con escludere dalla rimproverabilità penale gli indagati che hanno assunto responsabilità di governo successive, cioè in tempi ormai non utili ad avere una Clpv per tutto l'Abruzzo e quindi comprendente anche Rigopiano, come tale idonea ad impedire in tesi di accusa l'evento". Lo scrivono il procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, e il pm Andrea Papalia, nella richiesta di archiviazione dei tre ex presidenti della giunta e degli assessori. La Procura poi esamina le specifiche condotte delle giunte succedutesi alla guida della Regione Abruzzo, a partire dall'amministrazione Del Turco, di cui era membro l'ex assessore Ginoble. "Si deve rilevare - si legge nella  - che sono state assecondate le iniziative e le richieste della dirigenza amministrativa per la elaborazione della Carta storica delle valanghe, quale documento necessariamente propedeutico alla Clpv". L'elaborato finale della Carta storica è stato approvato dal Coreneva, ma l'allora dirigente Vincenzo Antenucci "non ha provveduto alla trasmissione della Carta, omettendo di dare seguito a tali disposizioni dell'organo tecnico collegiale". Quanto alla Giunta Chiodi, la Procura fa notare che "le iniziative inerenti gli aggiornamenti della Carta storica delle valanghe sono proseguite" e che anche in questo caso il dirigente Antenucci "ometteva la trasmissione all'organo politico". Inoltre viene evidenziato che durante la Giunta Chiodi vi è stato "un impulso politico in materia di Protezione civile" e che nel 2014 con delibera di Giunta regionale "veniva approvato l'elaborato della Carta storica delle valanghe, questa volta ritualmente trasmesso anche a tutti i Comuni dove erano state censite le valanghe, tra cui Farindola". Per quanto riguarda D'Alfonso e Mazzocca, infine, "non sono emersi elementi per ritenere che l'indirizzo politico già avviato in materia di Protezione civile con riferimento, in particolare, al tema della prevenzione dei rischi da eventi valanghivi in territorio abruzzese sia sostanzialmente mutato e che le direttive e le disposizioni impartite al riguardo dall'organo politico siano state revocate o disattese". I pm sottolineano infatti che "durante tale periodo è stata ultimata la redazione della Clpv per il bacino sciistico del Gran Sasso ed impegnata la somma di 43 mila euro per la predisposizione del secondo lotto della Clpv relativo ai bacini sciistici di Aremogna, Monte Pratello, Pizzalto e Campo Felice. E' stato pertanto mantenuto l'ordine di priorità temporale già indicato dal Coreneva - è scritto ancora nella richiesta di archiviazione - anche se, in realtà, mai aggiornato per inerzia della dirigenza tecnica". 

La posizione di D'Alfonso, insieme a quella di Mazzocca, è stata stralciata anche in riferimento alle responsabilità in riferimento all'isolamento del resort e alla tardiva attivazione del Comitato operativo regionale per le emergenze. "Fu massimo l'impegno ad assicurare la percorribilità della provinciale 8 per l'arrivo a Rigopiano degli ultimi clienti - scrivono i magistrati - ma poi sia al comune Comune di Farindola sia in Provincia a Pescara si disinteressavano della questione per loro positivamente risolta con la salita dei clienti a Rigopiano". In realtà, alle 19.30 del 17 gennaio, il sindaco Ilario Lacchetta manda un sms a D'Alfonso scrivendo: "Ho bisogno di mezzi sgombra neve perché 3 su 6 di quelli del Comune non riescono ad operare. E' possibile averli per domani mattina? Consideri che siamo senza elettricità con 4 contrade isolate". Alle 20.43 D'Alfonso risponde: "Ci lavoro". Ma non si muove nulla.

Secondo la Procura il sindaco "avrebbe dovuto rapportarsi con la sala operativa della prefettura di Pescara", come fece, senza però ottenere risposta, la mattina del 18 gennaio. "Nessuno - viene rimarcato negli atti dell'inchiesta - segnalò alla Regione l'isolamento di Rigopiano e tanto meno chiese di provvedere al riguardo" e "la richiesta generica del sindaco, avanzata la sera del 17 impropriamente a D'Alfonso, non era funzionale alla liberazione di Rigopiano, ma eventualmente a una dotazione di ulteriori mezzi". 

C'è poi il mancato invio degli elicotteri a Rigopiano. Scrivono i pm che "è di tutta evidenza che in assenza di un imminente pericolo di vita, dato che nessuno paventava che l'hotel potesse essere travolto da lì a poco da una valanga, non era in alcun modo pensabile e ragionevole attivare un ponte aereo per evacuare un hotel in piena efficienza a fronte di altre centinaia di abitazioni e locali isolati". I pm poi ricordano "che nel marzo 2015, in situazione analoga, fu evacuata una sola persona, una donna bisognosa di cure mediche". I magistrati poi esaminano la questione della mancata attivazione di una richiesta di intervento degli elicotteri, una volta acquisita consapevolezza del disastro nel Centro coordinamento soccorsi di Pescara, intorno alle 19.30 del 18 gennaio. "Apprestare un modulo di soccorso in grado di affrontare una impegnativa opera di ricerca e scavo, in ora notturna, senza una ricognizione che escludesse il pericolo di ulteriori valanghe - viene sottolineato - presupponeva per la sua stessa operatività l'accesso per via stradale, indispensabile per portare necessarie attrezzature e ripari temporanei. Quindi - afferma la Procura - il non avere optato per un ponte aereo tramite elicotteri appare scelta ragionevole, e di certo non censurabile". Infine "si deve aggiungere che laddove fosse stata scelta questa seconda opzione non vi sarebbe stato comunque risultato impeditivo di alcuno dei decessi - concludono i magistrati - o migliorativo rispetto alla gravità delle lesioni degli infortunati". Stando alle conclusioni del medico legale, infatti, in 26 persero la vita subito, sotto la valanga, mentre le altre 3 morirono nel giro di poche ore.
28 novembre 2018

Redazione Pescara
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