E' nel caos di momenti concitati, complicatissimi, che si è consumato il dramma dell'hotel Rigopiano. Ore di trambusto e disorganizzazione quelle che hanno preceduto il disastro. E, ora, lo rivelano anche le intercettazioni di carabinieri e polizia, che descrivono, seppur con minime frasi, la completa disorganizzazione, il tracollo di una regione sepolta dalla neve. Il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D'Alfonso, non è coinvolto, almeno al momento, nell'inchiesta della Procura di Pescara sulla strage nell'albergo, dove, seppelliti da una valanga, in 29 hanno lasciato la vita. Mentre, bagagli alla mano, aspettavano di poter andare via una volta che la strada provinciale che porta al resort, l'unica, fosse stata liberata da cumuli di neve alti metri. Ma non fu mai liberata.

Sulle intercettazioni telefoniche trapelate finora D'Alfonso però tiene a fare puntualizzazioni. "Ricordo - dice ai giornalisti - che in quei giorni, tra il 16 e il 20 gennaio scorsi, si sono riversati sull'Abruzzo 20 milioni di tonnellate di neve, più i terremoti, più gli inconvenienti logistici, come le interruzioni di energia elettrica, le strade inagibili, impercorribili". Fatta la premessa, D'Alfonso va alla telefonata con il dirigente della Provincia di Pescara, Paolo D'Incecco, indagato assieme ad altri 22 per la tragedia di Rigopiano, per chiarire il senso di una sua frae intercettata... "...dobbiamo sistemare le cose sul piano documentale, tu lo capisci che voglio dire?"... "Quella mia telefonata - spiega il presidente della Regione - fa semplicemente riferimento alla richiesta dello stato di emergenza da inoltrare a Palazzo Chigi. Si trattava di raccogliere tutte le carte, anche attraverso i danni accertati dalle forze dell'ordine, che poi avrebbero costituito l'atto attraverso cui poi il Governo, il 22 gennaio, ha emesso il decreto per il riconoscimento dello stato di emergenza in Abruzzo. Dissi a D'Incecco: metti insieme tutta l'istruttoria e fammi pervenire i plichi perché devo consegnarla alla Protezione civile"

Poi c'è l'altra telefonata nel mirino, quella dell'ex capo di gabinetto di D'Alfonso, Claudio Ruffini che avrebbe utilizzato una sorta di "filtro politico" nella gestione dell'emergenza, dando la precedenza ad alcuni territori a discapito di altri, su suggerimento del presidente: "Il 18 gennaio - precisa D'Alfonso - Ruffini si è prodigato, tutto il giorno,  per cercare di aumentare il numero dei mezzi di intervento e soccorso, chiedendo attraverso anche il mio patrimonio relazionale e lavorativo ad autostrade e Anas di ogni regione". Il governatore evidenzia che sono state tante le telefonate ricevute quel giorno, "da sindaci, imprenditori, operatori degli alberghi... Ho ricevuto tchaimate allarmate del sindaco di Atri (Teramo) a proposito dell'inaccessibilità dell' ospedale e di qui le attenzioni su Atri di cui anche alle telefonate rilevate. O a Civitella del Tronto dove la piazza in centro rischiava di sfondarsi per il carico di neve e dove una casa di riposo con 80 anziani era rimasta senza gasolio. Di lì mi convinsi, concordando con il prefetto, di richiedere l' intervento dell'esercito. Io - dice - mi sono adoperato per aumentare i mezzi. Mi sono arrivate segnalazioni anche di politici. Sospiri (Fi) mi ha rappresentato il dramma di Moscufo, Pianella e Villa Celiera. Ero molto preoccupato per Villa Celeria, dove c'era il dramma della frana. Mi sono mosso per fare in modo che Passolanciano non diventasse un luogo a rischio per le centinaia di autobus che salivano e scendevano. C'è ancora una segnalazione in istruttoria - conclude D'Alfonso - di un bus con circa 200 studenti rimasti custoditi all'interno e nei pressi dell' hotel Panorama, credo in vicinanza del rifugio Pomilio".

29 novembre 2017


@RIPRODUZIONE VIETATA 

Condividi l'Articolo

Articoli correlati