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Sul banco degli accusati la Provincia di Pescara, con i suoi vertici, e il Comune di Farindola, con il sindaco. L'inchiesta della Procura di Pescara sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano a Farindola, dilaniato e seppellito da una slavina il 18 gennaio scorso, punta l'indice contro  gli amministratori dei due enti e le loro inefficienze. La valanga si staccò dal Monte Siella e fu il dramma. Ora sono sei gli indagati per il disastro, che cancellò, in pochi attimi di un terribile pomeriggio, 29 vite: morirono clienti e il personale dell'albergo e centro benessere; 11 i sopravvissuti. Molti di essi erano rimasti bloccati nella struttura a causa della inagibilità della strada, la provinciale 8, sepolta sotto metri di neve e dimenticata. Quella strada, unica via di fuga e d'uscita dall'inferno bianco  – sostengono i magistrati Cristina Tedeschini e Andrea Papalia, che da tre mesi portano avanti gli accertamenti  - avrebbe dovuto essere percorribile.  

Per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose sono inquisiti, per ciò, il presidente della Provincia, Antonio Di Marco; il dirigente delegato alle Opere pubbliche, Paolo D'Incecco; il responsabile della Viabilità provinciale, Mauro Di Blasio. E poi il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e il geometra comunale Enrico Colangeli. Il direttore del resort a 5 stelle, Bruno Di Tommaso, deve rispondere anche di violazione dell'articolo 437 del Codice penale, cioè di omissione del "collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro". Stando alle contestazioni della Procura non ha previsto nel Documento di valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori della propria impresa - la Gran Sasso Resort Spa - il rischio di essere colpiti da una slavina. 

La Provincia, che dunque ha competenza sull'arteria che conduceva al Rigopiano, avrebbe dovuto garantire la percorribilità della via. Ma non lo fece. Nel Piano neve stagionale, approvato poche settimane prima, quel  tratto di strada venne indicato come "strategico" e, invece, la zona dell'albergo, nel momento di maggiore necessità, a causa delle abbondanti nevicate che si stavano abbattendo su tutto l'Abruzzo, venne trascurata. E la turbina della Provincia, destinata ad intervenire nell'area di Farindola fu lasciata, dormiente, in officina dal 6 gennaio perché “non si trovavano i pezzi di ricambio”. 

Secondo i magistrati, inoltre, la situazione d'emergenza, in quei giorni, era tale che il primo cittadino, Ilario Lacchetta, considerata anche l'allerta valanghe dei bollettini del servizio Meteomont (livello di rischio passato da due a quattro su una scala di cinque), avrebbe dovuto emettere un'ordinanza di sgombero dell'Hotel per "pericolo incombente". Ma non fu così, anzi,  macchine piene di turisti, fino a poche ore prima della sciagura, furono accompagnati all'albergo a 5 stelle. 

"Finalmente l'attesa è finita. Ora inizia la nostra battaglia. Aspettiamo solo gli ultimi indagati": così, dopo aver appreso la notizia dei primi avvisi di garanzia nell'inchiesta sulla tragedia del Rigopiano, i parenti e gli amici delle vittime su Facebook, sul gruppo che hanno costituito per non dimenticare quanto accaduto e per chiedere giustizia. "In realtà –  evidenzia Gianluca Tanda, portavoce del Comitato Vittime nonché fratello di Marco, il pilota della Ryanair morto assieme alla fidanzata Jessica Tinari – mancano nella lista i nomi più pesanti come il presidente della Regione e il prefetto. Mancano quelli che riteniamo i responsabili principali. Hanno abbandonato il territorio e l'hotel. Il sindaco Lacchetta e Di Tommaso sono pesci piccoli. Vogliamo prendercela con loro ok, va bene, ma non sono quelli che davvero hanno causato il disastro. Non può essere Lacchetta il capro espiatorio. Altri – aggiunge – sono i responsabili della morte di mio fratello. Ora mi aspetto che liberino le poltrone. Ma non alla luce degli avvisi di garanzia, bensì per l'incompetenza che hanno dimostrato. Li hanno fatti salire a Rigopiano e non sono stati in grado di farli scendere. E' come se avessero detto loro buona morte. L'albergo andava sfollato".

"Ripongo piena fiducia nell'operato della magistratura cui va il mio plauso per la decisa ed intensa attività d'indagine sin qui svolta e per l'ulteriore azione di accertamento dei fatti e delle responsabilità che riterrà sussistenti": lo afferma il presidente della Provincia di Pescara, confermando di aver "ricevuto oggi la notifica dell'avviso di garanzia, in qualità di presidente della Provincia, per i noti fatti dell'Hotel Rigopiano", Di Marco si dice convinto che "il più efficace contributo che si possa dare in questo momento sia quello di consentire agli inquirenti di continuare a lavorare con serenità ed efficacia per il superiore interesse dell'accertamento della verità".

"E' un avviso di garanzia che mi aspettavo. E' un atto dovuto che la magistratura ha fatto soprattutto nel rispetto delle vittime. E' giusto che ci sia un approfondimento di indagine con le persone coinvolte": così il sindaco di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta. "Ho massima fiducia nell'autorità giudiziaria e di chi sarà il pubblico ministero. La verità sono certo verrà a galla. Noi anche come Comune - ha aggiunto il primo cittadino. - attiveremo tutte le iniziative anche legali affinché emerga la verità, e per questo con il pool di avvocati stiamo già lavorando per la strategia difensiva da attuare e seguire. Auspichiamo che i tempi dell'inchiesta siano veloci affinché questa tragedia non finisca nel dimenticatoio e che sia portato avanti tutto l'iter giudiziario affinché ci sia una sentenza per il rispetto verso le vittime e i loro familiari".

"Finalmente qualcosa si muove, parlo dell'inchiesta e degli indagati. Ovviamente ognuno di loro ha delle responsabilità per quello che è successo": questo il commento di Fabio Salzetta, manutentore dell'Hotel, fra gli undici sopravvissuti, salvatosi perché era fuori dall'albergo con Donato Parete, fra i primi a lanciare l'allarme. Tra le 29 vittime, la sorella Linda, anche lei impiegata all'interno del resort. Lei è stata la sesta vittima estratta dalle macerie. I soccorritori hanno recuperato il suo corpo nel giorno in cui la ragazza avrebbe compiuto 31 anni. 

"Gli sviluppi dell'inchiesta sulla tragedia di Rigopiano meritano una riflessione. Il rispetto per i familiari dei morti e feriti è assoluto e comprendo la loro ansia di verità e giustizia. Così come mi sento vicino al lavoro mai così complesso della magistratura inquirente per gli obbligatori controlli di legalità. Ma mi sento anche vicino agli amministratori locali, al sindaco di Farindola e al presidente della Provincia e ai rispettivi funzionari indagati perché so le difficoltà in cui operano, la scarsità di risorse e le enormi responsabilità a cui sono sottoposti": lo dichiara Gianni Melilla, deputato abruzzese di Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista a Montecitorio. "I Comuni e le Province in questi anni hanno subito tagli intollerabili - prosegue Melilla -. Le Province sono le vittime di una riforma vergognosa frutto di una campagna di odio dell'antipolitica che le ha decapitate, danneggiando i cittadini che si ritrovano ora strade e scuole senza un'adeguata manutenzione. Insomma, conclude Melilla, non è una bella giornata e spero che nessuno si permetta di emettere sentenze anticipate e anticostituzionali". 

 27 aprile 2017

Nella foto in alto le vittime della tragedia. In basso i soccorsi
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