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Atessa (Ch) - Investire sullo stabilimento Sevel. E' questo, per la Uilm Uil Abruzzo, l’imperativo da perseguire nei prossimi anni su cui, però, Fca (Fiat-Chrysler), Psa (Peugeot-Citroen) e le istituzioni devono essere chiamate a riflettere fin da subito. Scongiurata l’ipotesi del divorzio tra i due colossi dell’automotive che nel 1980 hanno dato vita alla storica e fruttuosa joint-venture in Sevel (Società Europea Veicoli Leggeri), secondo il sindacato è ora di pensare seriamente al futuro. L'alleanza italo-francese, dopo la conferma di Fca nelle scorse settimane di non voler effettuare l’opzione call per acquistare il 50% delle quote di Psa in Sevel, può quindi proseguire a vele spiegate fino al 2027. Ma per Nicola Manzi, coordinatore della Uilm-Uil Abruzzo, è ora di iniziare a programmare tempestivamente il futuro dello stabilimento Sevel di Atessa (Ch) in vista dei prossimi dieci anni.

"Stiamo fronteggiando una congiuntura storica ed economica importante – interviene Manzi – sia dal punto di vista locale che da quello globale. Localmente ci troviamo di fronte ad uno stabilimento che ha sfornato il suo primo Ducato il 23 ottobre del 1981. Siamo arrivati alla sesta generazione del modello di veicolo commerciale più venduto in Europa e finora, a parte l’investimento di 700milioni di euro per il restyling del furgone nel 2014, sullo stabilimento non sono stati fatti altri cambiamenti importanti. Eppure - evidenzia - la Sevel ha bisogno di una decisa operazione di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria. Come si può affrontare la realizzazione del nuovo Ducato, prevista per il biennio 2019/2020, con una fabbrica che è quasi al limite della sua capacità produttiva? C'è bisogno di investire in tecnologie (quindi macchinari, sistemi operativi etc), nuovi capitali, come ad esempio finanziamenti da parte della Comunità Europea, innovazione, risorse umane". 

"Dal punto di vista globale - aggiunge Manzi - ci troviamo invece di fronte ad una sfida. Nei prossimi dieci anni cambierà tutto nel settore automotive per quanto riguarda i consumi e la sostenibilità ambientale dei veicoli. Il diesel andrà a scomparire per far spazio a modelli di veicoli più leggeri, dinamici e motori a basso consumo, dalle prestazioni sempre più efficaci, ma con costi energetici più bassi. Anche Fca e Psa si troveranno a mettere in conto di dover produrre sempre più motori ibridi o elettrici. Sappiamo che Fca da tempo sta studiando come rendere compatibile il prodotto con le richieste del mercato europeo, ecco perché, anche dal punto di vista strutturale, lo stabilimento deve farsi trovare pronto".

"Reinvestire su impianti e macchinari di uno stabilimento di 36 anni e che negli ultimi anni ha conquistato record su record (nel 2014, 2015 e 2016 i veicoli prodotti sono stati rispettivamente 230mila, 260.800 e 290.009 e per il 2017 si parla già di un altro record) vuol dire - riprende Manzi - inoltre anche alleggerire i carichi di lavoro dei dipendenti, che sono la vera linfa di questa realtà industriale che è tra le principali aziende dell’export abruzzese e che copre da sola una buona fetta del Pil regionale. Sono proprio i dipendenti inoltre a lamentare, ormai da tempo, disagi e ritmi di lavoro troppo intensi in alcune officine. Ancora, maltempo, acquazzoni, black-out elettrici sempre più frequenti hanno messo negli ultimi anni a dura prova la tenuta della fabbrica, con conseguenze negative per i lavoratori e le loro famiglie, chiamati a recuperare le giornate lavorative perse, in un già fitto calendario di straordinari programmati mese per mese. Investire su nuove macchine dunque significa anche questo: utilizzare meno gli straordinari e sovraccaricare meno la forza lavoro". 

Ad oggi Sevel impiega circa 6mila dipendenti, con oltre 400 lavoratori somministrati e 250 trasfertisti. L'indotto di primo livello riguarda oltre 12.500 addetti. "Ogni mattina – prosegue il coordinatore generale della Uilm – quando si accendono le linee di montaggio in Sevel si dà lavoro a circa 20mila dipendenti". Una riflessione è dunque d'obbligo anche per quanto riguarda il lavoro indiretto di Sevel. "Abbiamo un indotto Sevel che per il 15% risiede in Abruzzo – considera Manzi – e sappiamo anche che, nel raggio di circa 250 chilometri, sono concentrate le maggiori realtà produttive di Fca: Magneti Marelli, Termoli, stabilimento di Pratola Serra ad Avellino, Pomigliano, Melfi e Cassino. La partita dell’indotto si gioca tutta in questo raggio d’azione. Visto che Sevel ha storicamente un indotto del 15%, perché non spingere allora Fca ad investire di più in Abruzzo? Si tratterebbe di conquistare quel famoso km zero della sub-fornitura che costituirebbe una svolta per il territorio. Rafforzare l’indotto e investire su di esso vuol dire da un lato assicurare più occupazione e dall’altro garantire maggiore certezza a questo stabilimento che ha dato e continua a dare tanto per l'Abruzzo". 

"Chiediamo a Sevel – conclude Manzi – di cominciare a consolidare l’occupazione locale e di pensare fin da oggi al futuro, viste le sfide a cui si troverà davanti nei prossimi anni. Al territorio e alle istituzioni locali tutte chiediamo infine un serio e definitivo scatto in avanti. In Abruzzo non esiste una politica di sviluppo industriale, troppe cose si danno per scontate e ancora troppe opere incompiute pesano sulla presenza nel territorio di aziende importanti come Sevel. Abbiamo fin troppi esempi, l'ultimo, recente, della Honeywell, di scelte di delocalizzazione. Rendere un territorio davvero competitivo significa offrire un tessuto industriale di primo livello, con servizi e infrastrutture che rispondono alle esigenze delle aziende e dei lavoratori che operano in esse. Non facciamoci trovare impreparati o pagheremo a caro prezzo l'eterno attendismo della politica e questa volta il risultato sarà devastante".  10 novembre 2017

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