Lanciano (Ch) - 12,8 milioni di danni patrimoniali e 12,8 milioni per l'immagine: in totale un risarcimento danni da 25,6 milioni di euro. E' quanto richiesto oggi dal ministero dell'Ambiente nell'ambito del processo che riguarda lo scandalo dei depuratori Sasi. Il sequestro dei 12 depuratori era avvenuto un anno fa, il 28 aprile 2015. Divieti di scarico inosservati, cattiva gestione dei rifiuti, inefficienza e malfunzionamento degli impianti in generale e conseguente inquinamento ambientale che andava avanti da anni: è stato riscontrato che i liquami venivano sversati, in alcuni casi, direttamente nel fiume Sangro e quindi finivano beatamente nel mare Adriatico.

Imputati di reato ambientale Domenico Scutti, presidente della Sasi, e Alfiero Marcotullio, amministratore della Ecoesse, società che aveva in appalto la gestione degli impianti di Atessa, Bomba e Quadri. Al processo sono parti offese i comuni di Lanciano, Quadri, Rocca San Giovanni, Treglio, Atessa e Civitalupparella.

Gli impianti "sigillati" dal gip del Tribunale di Lanciano, Massimo Canosa, su richiesta del procuratore Francesco Menditto, sono quelli di Santa Liberata, Villa Martelli e Cerratina nel comune di Lanciano; Pagliaroni, nel comune di Treglio; Vallevò e Cavalluccio nel comune di Rocca San Giovanni; Valloncello, Osento e Ianico nel comune di Atessa; Sangro nel comune di Quadri; Zappetti nel comune di Bomba; Civitella nel comune di Santa Maria Imbaro. Si è "salvato" solo quello di Fossacesia-San Vito Chietino che sta "in discrete condizioni". Gli impianti sono stati affidati in custodia giudiziale ai responsabili "anche per consentire eventuali attività dirette a rimuovere i fatti illeciti allo stato accertati", spiegava un comunicato della Procura di Lanciano. 

Il decreto di sequestro è stato emesso dopo complesse indagini durate due anni e svolte dalla  polizia giudiziaria del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Pescara, dalla Capitaneria di porto di Ortona e dal comando provinciale del Corpo forestale di Chieti. Le indagini, svolte dall'aprile 2013 al febbraio 2015 su reati "ancora in atto", sottolineava la nota della Procura frentana, hanno riguardato anche la mancanza di strumenti di controllo come "la portata e valutazioni sul carico effettivamente influente sugli impianti che non ha consentito di potere effettuare sui depuratori verifiche diverse da quelle svolte, soprattutto quelle necessarie alla determinazione del carico effettivo su ogni singolo impianto. Sugli impianti è stata rinvenuta una cattiva gestione dei rifiuti, spesso accompagnata da uno sversamento sul suolo degli stessi o addirittura del presumibile scarico di questi nei corpi idrici ricettori degli impianti. E' emerso anche che alcuni di questi impianti - in occasione del sopralluogo svolto dai consulenti tecnici - erano fermi, abbandonati a se stessi con by-pass attivi. La situazione riscontrata non costituisce un episodico evento occasionale dovuto ai problemi tecnici, ma è, senza ombra di dubbio, un fatto non isolato visto che in occasione delle ispezioni eseguite dall'Arta sono stati rilevati sistematicamente gli stessi fermi degli impianti", si legge ancora nella relazione tecnica. La mancanza, pertanto, di controlli sistematici, il numero esiguo di operai e tecnici impiegati nella conduzione degli impianti, gli insufficienti e scadenti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria portano alla conclusione che viene operata dalla Sasi e dalla Ecoesse una inidonea gestione degli impianti, non presidiati e in alcuni casi non raggiungibili dalle vie di accesso". Dalla lettura dei registri di conduzione degli impianti risulta ai consulenti tecnici della Procura di Lanciano che "il personale addetto compie visite sugli impianti limitandosi ad effettuare verifiche grossolane e superficiali sul loro funzionamento".

Secondo quanto riferito in aula dal procuratore Menditto, i periti chimici stanno verificando se i nuovi impianti della Sasi rispettino le norme. Saranno ascoltati il prossimo 22 settembre.

26 aprile '16

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