Di Marco Tabellione 


Gioca con le parole Giovanni Damiani nel suo libro “La sagra degli antichi saponi” (Tracce, 15 euro, 220 pagine) giunto alla sua seconda edizione. Non c’è errore, infatti, si tratta proprio di saponi, perché il saggio è dedicato all’arte di lavarsi e di lavare ecologicamente, una pratica che giustamente va definita arte perché presuppone non solo un’accurata azione igienizzante, ma anche l’attenzione agli effetti sull’ambiente di quest’azione. Non per niente il libro gode della prefazione di Fulco Pratesi, esperto d’ambiente di fama internazionale, presidente a suo tempo del WWF Italia e anche del parco nazionale d’Abruzzo. Damiani tuttavia non è da meno, nato a Pescara nel 1950 è biologo ed esperto di ecologia ambientale, è stato tra l’altro direttore generale dell’ANPA (Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente oggi ISPRA), collabora con il Ministero dell’ambiente ed è docente di chimica ambientale all’università di Viterbo. Il suo libro ha un duplice scopo, da un lato mira a descrivere la storia del lavaggio, se così si può dire, analizzata dal punto di vista della tradizione abruzzese, con particolare attenzione all’igiene personale, e alla pulizia della casa e dei panni. Dall’altro lato è una disamina di quelle che dovrebbero essere le condizioni di una “detergenza sostenibile” come la definisce lo stesso Damiani. Nella sua presentazione Pratesi sottolinea due aspetti del lavoro di Damiani, entrambi conseguenze dell’uso smodato ed esagerato di saponi e detersivi nell’età contemporanea, dovuto ad un eccesso di zelo nella pulizia, diventata quasi un’ossessione, senza tenere conto che i prodotti detergenti sono uno dei massimi fattori di inquinamento, e che l’esagerazione nell’igiene del corpo, ad esempio, può causare danni alla salute e sicuramente li determina alla pelle. Dopo aver mostrato il legame dell’acqua e della sua azione purificatrice con rituali spirituali molto forti nell’antichità, Damiani elenca i materiali più diffusi come strumenti di detergenza, dall’argilla all’erba detta saponaria, dal carbonato di sodio all’ammoniaca. Tutti questi rimedi del passato, come racconta Damiani, sono stati sostituiti dai prodotti di sintesi chimiche, e da allora sono cominciati i guai per l’ambiente. In seguito anche alla martellante pressione pubblicitaria sulla necessità della pulizia, e a causa della presenza di fosforo nei detergenti nuovi, si è avuto un aumenti considerevole di sali nelle acque con il conseguente processo di eutrofizzazione, cioè di crescita esponenziale di alghe e mucillagini, senza contare gli altri tipi di inquinamento. Come rimediare allora? Innanzitutto per Damiani bisogna tornare a fabbricare i saponi artigianalmente, e l’autore non per niente conclude il libro con una serie di ricette finalizzate proprio alla creazione di detergenti non inquinanti. 16 sett. '16

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