Di Marco Tabellione



 Un libro sul mare, o meglio su chi il mare lo vive e lo affronta. "Il navigante" (Carabba, 18 euro, 328 pagine) di Franco De Chiara, racconta la storia di un uomo, amante del mare, che in un giorno di ferragosto decide di abbandonare le spiagge affollate, per trascorrere la giornata da solo e iniziare così un bilancio sulla sua vita. Innanzitutto fa i conti con la figura del padre, celebre architetto morto qualche anno prima, e poi con la figlia. Così una gita in barca diviene l'occasione per un resoconto anche sofferto sulla propria esistenza e sulla relazione con i propri cari. Un romanzo dunque fatto di ricordi, ma anche di speranze per il futuro, da parte di un autore che, nato a Roma, è stato aiuto regista e ha lavorato per il programma televisivo della Rai "Chi l'ha visto", oltre ad aver pubblicato anche una raccolta di racconti intitolata "Non più di nove minuti", prima di pubblicare questo romanzo per la casa editrice abruzzese Carabba. Una vita quella di Arturo, così si chiama il protagonista della storia, spesa tra New York e Roma, ma soprattutto tra la terra ferma e il mare, la sua vera passione. Certo questo libro non parla solo di mare, ma il mare ne è il fulcro vivente, anzi diventa il metro con cui il protagonista analizza la vita e il mondo. Per chi è abituato al mare e alle sue leggi, infatti, la società può apparire a volte incomprensibile, ed è quello che accade ad Arturo. 


Un romanzo che è dunque innanzitutto un grande omaggio al mare e alla vela, tanto che l'autore ha pensato bene di farlo precedere da un dizionario nautico per consentire anche al lettore inesperto di comprendere alcuni passaggi tecnici. Ma come detto il libro affronta anche altri argomenti nobili, come la letteratura, che occupa una buona parte della vita di Arturo, o in generale la cura di sé, sia dal punto di vista fisico che psichico. E tra un'ideale e l'altro compaiono anche le urgenze concrete e a volte meschine dell'esistenza, che Arturo rievoca andando a ritroso nella sua vita, ricordando i suoi tentativi di cavarsela e sbarcare il lunario, sempre però rispettando e onorando la propria ottica e i propri punti di vista. Emerge da questo libro di De Chiara, dunque, la visione e il bisogno di una vita autentica, un bisogno forse di matrice autobiografica, che rende questa storia vera e, per certi versi, educativa. Insomma più che un romanzo, un grande inno alla vita, per giunta condotto con una puntina di ironia, il che ovviamente non guasta mai. 21 dicembre '15

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