Pescara, 6 mag. ‘12
– Esplode la rabbia contro la comunità rom dopo l'omicidio dell'ultrà Domenico
Rigante e l'arresto del presunto responsabile, Massimo Ciarelli, zingaro di 29
anni, consegnatosi ieri, sull’autostrada A14 nell’autogrill di Francavilla al
Mare (Ch), dopo alcuni giorni di latitanza. Quando è stato preso ha mormorato
solo «è il mio ultimo giorno da uomo libero», poi si è chiuso in un silenzio
assordante anche davanti al pm Salvatore Campochiaro nel primo interrogatorio
effettuato nel carcere di Vasto, dove da ieri era stato traferito.
La tensione nel
centro città è alta, il pericolo è rosso. In mattinata, con le forme quasi di
una spedizione punitiva, un minaccioso corteo di 300 ultras pescaresi, con
evidente infiltrazione di Forza Nuova guidata dal candidato sindaco a
Montesilvano (Pescara) Marco Forconi, si stava dirigendo verso il quartiere rom
di Rancitelli, ed è stato fermato all'ultimo momento proprio dai capi ultras e
dal gemello della vittima, Antonio. Polizia in stato di massima allerta e ben
consapevole della situazione.
Paura tra i rom:
sembra che abbiano intenzione di abbandonare la città - ha confermato il
questore Paolo Passamonti - e hanno paura, comunità spaccata dopo l'ennesimo
fatto di sangue di cui si è resa protagonista. Le forze dell'ordine sanno bene
che il rischio non è tanto quello del blitz antirom, ma quello della faida.
Anche loro hanno ascoltato bene la rabbia della manifestazione sotto al Comune,
con oltre 500 pescaresi, non solo ultrà, ma anche gente dei quartieri proletari
della città, quelli che più di tutti pagano la presenza e la convivenza
malavitosa dei rom. Cori violenti contro gli zingari, rabbia contro l'impunità
e la prepotenza, specie in una città con tanti guai.
Non parlano i compagni della vittima, pur sapendo i nomi dei complici di Ciarelli, finora non ne hanno denunciato apertamente la presenza. «Chi sa, parli». ha detto senza mezzi termini il capo della Mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana, perché «noi i nomi li sappiamo tutti - ha poi confermato Muriana - e sono sei persone: ora ci aspettiamo che chi era presente confermi anche a noi questi nomi, anche per un atto di giustizia nei confronti di Domenico Rigante». Perché nelle baraccopoli di Pescara la parola faida la conoscono ed è per questo che regna la paura.