Lo cercano dal giorno del delitto, ma è irreperibile. E' un 46enne di Montesilvano l'uomo che nella notte del 16 settembre scorso, stando ai riscontri degli investigatori, ha ucciso Antonio Bevilacqua, 21enne rom, finito con un fucile a canne mozze all'interno del risto pub "Birra Mi" di via Verrotti a Montesilvano (Pe). Un'animata discussione, tra i due, un'ora prima dell'omicidio e, a seguire, il “regolamento di conti”. L'assassino è tornato nel locale e ha ammazzato il giovane: un colpo all'occhio, dritto all'orbita sinistra, stando all'autopsia effettuata dal medico legale Giuseppe Sciarra, che non gli ha lasciato scampo. Arma in mano, coperto da passamontagna, cappuccio in testa, ha varcato la soglia del pub, ha fatto un paio di passi in avanti e ha mirato dritto al viso del giovane contro cui ha esploso il colpo. Quindi la fuga a piedi. Ora lo cercano ovunque. 

Sia l'ingresso nella struttura  che la fuga sono state riprese da una telecamera esterna che hanno  fatto svoltare le indagini. Immagini ritenute fondamentale dagli inquirenti. Riguardo al movente, gli investigatori stanno lavorando su più ipotesi. Il debito di gioco è fra quelle maggiormente prese in considerazione; non si escludono neppure però questioni legate alla droga. 

Ma sulla scena del delitto c'è anche un secondo uomo che, come dimostrano le immagini delle telecamere, ha assistito anche alla precedente lite tra vittima e omicida e che, per caso oppure no, si è ritrovato, di nuovo, in quel posto, al momento dell'assassinio. Il secondo uomo è un 58enne, con precedenti, anche per un omicidio avvenuto negli anni Novanta in via Aldo Moro a Pescara. Ed è al momento considerato il supertestimone. Messo sotto torchio, ha aiutato carabinieri e magistratura a fare chiarezza. 

Intanto oggi, nella chiesa di Sant'Antonio da Padova, a Montesilvano, ci sono stati i funerali di Bevilacqua. “La prima cosa che mi sento di dirvi è non perdiamo la speranza. La stessa speranza che lui ha saputo dare ad alcuni. Nella morte di Antonio non c'è la volontà di Dio. Non c'è nulla che Dio abbia potuto condividere in questa situazione”. Così don Nando nell'omelia. Alla cerimonia hanno preso parte in centinaia, tra cui molti giovani. Il corteo funebre, come da tradizione rom, è partito dall'abitazione della famiglia Bevilacqua, in via Piemonte.  La musica della banda ha accompagnato il feretro fino alla chiesa.  Drammatico l'arrivo del papà della vittima, Vincenzo, accompagnato dalle guardie penitenziarie, in prigione per omicidio. L'anziano, che ha ottenuto un permesso speciale dalla direzione carceraria per l'addio ad Antonio, ha abbracciato a lungo il figlio maggiore Costantino e poi, scortato, è entrato nel santuario. Soprannominato "Tomtom", originario di Caivano nel napoletano, è arrivato a Montesilvano nel 2005 da Rionero in Vulture, vicino Potenza. Un volto arcinoto alle forze dell'ordine per reati che vanno dalla truffa alla droga, all'usura sino all'estorsione. Dal luglio 2008 sta scontando una pena di 18 anni per l'uccisione di Domenico D'Alfonso, avvenuta a Rionero in Vulture nel 1999 e maturata nell'ambito del clan mafioso Cassotta.

 Il sacerdote ha invitato i parenti del ragazzo ad “avere ancora il senso della dignità di chi non smette di sperare nel bene, di chi non si fa prendere dallo scoraggiamento, da questo accecamento”, perché “quando si perde la speranza si rischia di tirar fuori il peggio di sé”. Al termine della cerimonia un lungo applauso ha salutato l'uscita della bara e dei palloncini bianchi a forma di cuore con la scritta “Ciao Antonio” sono stati liberati in cielo. 

Antonio da soli cinque mesi era diventato padre di una bimba ed era al culmine della felicità. Lo ripeteva spesso su Facebook. “Vi amo tanto” scriveva alla moglie Gabriella e alla piccina. 18 settembre 2018

Nella foto la vittima, Antonio Bevilacqua
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